“L’operazione non si fa se non si trovano voti nuovi, senatori che finora non votavano per Conte. Con quelli, eventualmente: si può andare dai renziani – non da Renzi – a chiedere: i numeri li abbiamo, siete sicuri di voler stare fuori?”: questa è una lettura che una fonte parlamentare di centrosinistra offre sull’attesa nascita di una forza dei “costruttori”, come si chiamano quelli che nel 2010 si erano autodefiniti “responsabili”.
La nascita di un nuovo gruppo pro-Conte che potrebbe supportare il Governo si basa, dicono a palazzo Madama, sul Maie (Movimento associativo italiani all’estero, che vanta un sottosegretario, il suo fondatore Ricardo Antonio Merlo): “In Parlamento non cerchiamo responsabili, ma costruttori”, dice, parlando di “Maie-Italia23”, un chiaro segnale dell’intenzione di proporsi come garante dell’approdo degli attuali parlamentari fino a fine mandato, nel 2023 appunto. Al Senato il Maie per ora ha quattro senatori all’attivo, come componente del Misto.
“Non è così difficile arrivare a dieci – si dice negli ambienti parlamentari vicini al Maie – e forse anche qualcosa in più come Maie-Italia23: i renziani non sono troppo compatti, qualche senatore rischia di perderlo Renzi, del resto la mossa di Nencini parla chiaro. E qualche ex M5S dovrà scegliere, non possono stare più a mezza via che qualche volta votano per il Governo e qualche volta no. Infine, potrebbe arrivare qualche azzurro, non credo vogliano andare tutti alle elezioni in questa situazione. Non facciamo pronostici su eventuali arrivi ma questo voto è una follia e non lo pensiamo solo noi, per l’Italia e per il destino di molti parlamentari che potrebbero non tornare più qui”.
Per ora il pallottoliere dice che Conte al Senato potrebbe contare sui 92 senatori M5s, 35 Pd, 9 del gruppo Per le Autonomie. Dal composito gruppo del Misto sicuri sono i 6 voti di Leu e i 4 del Maie (che, avendo partecipato alle elezioni, potrebbe da Regolamento del Senato ‘prestare’ il nome alla composizione di un vero e proprio gruppo parlamentare a sostegno di una nuova maggioranza) ma sostegno all’avvocato del popolo è stato espresso in questi giorni da Sandra Lonardo, ex Fi, che già votava con la maggioranza, Sandro Ruotolo, gli ex M5s Gregorio De Falco, Maurizio Buccarella e Luigi Di Marzio.
Viene dato per assodato il sostegno del senatore a vita Mario Monti. Fin qui ci si fermerebbe a quota 152. Più no che sì, finora, sono considerati l’ex grillino Mario Giarrusso – che ha smentito oggi di voler sostenere Conte – e l’ex Pd Tommaso Cerno. Per arrivare almeno alla maggioranza assoluta gli occhi sono puntati sui tre senatori Udc presenti nel gruppo di Fi (Paola Binetti, Antonio Saccone e Antonio De Poli) che però continuano a smentire il sostegno a un Conte ter. Così come smentiscono Gaetano Quagliariello, Massimo Vittorio Berutti e Paolo Romani della componente del Misto Idea-Cambiamo. Ma anche sui renziani “esterni” al giro stretto dell’ex premier, come l’ex M5S Gelsomina Vono e l’Ex Forza Italia Donatella Conzatti. E come il socialista Riccardo Nencini, al quale Matteo Renzi deve l’esistenza del gruppo al Senato perché è titolare di un simbolo presente sulla scheda alle scorse elezioni e che ha già fatto sapere di non condividere l’uscita di Italia viva dal Governo.
Le carte sono ancora coperte. In area 5 stelle da giorni si tende ad certificare il risultato, cioè l’esistenza di un numero di senatori sufficiente a neutralizzare la rottura decisa da Renzi, al punto che “fonti qualificate” di area stellata si spingono a dire che loro sono con il Conte bis, cioè con il Governo attuale e rifiutano il “ter” e qualsiasi altra formula politica alternativa. Ma nel Pd, raccontano fonti non meno qualificate in Parlamento, già digerire una lineare continuità del mandato di Conte, senza reincarichi o rimpasti non è un dato così scontato. E una parte minoritaria del partito preferirebbe andare a votare.
Il Pd attende l’esito delle manovre supportate anche da esperti tessitori esterni a palazzo Madama come Bruno Tabacci e Clemente Mastella. “Ma se il tentativo dei costruttori fallisce, non è la fine dei giochi, solo Conte è fuori gioco”, è l’umore dei dem a palazzo Madama. Dopo un lungo braccio di ferro fra la maggioranza che frenava e le opposizioni che premevano per accelerare, la capigruppo del Senato ha fissato per martedì mattina le comunicazioni di Conte sulla crisi. Per far girare il pallottoliere, quindi, e per far materializzare quella che per ora è solo l’ombra del nuovo gruppo parlamentare, c’è tempo fino a quel momento.