Il potere d’acquisto degli italiani e’ messo a dura prova: se da una parte l’inflazione resta su alti livelli e il carrello della spesa mette a segno il rincaro piu’ alto da oltre tre anni e mezzo, dall’altra gli stipendi rimangono fermi, ai minimi da quasi tredici anni, e il divario con i prezzi tocca di nuovo i massimi dal 1995. Insomma le buste paga fanno sempre piu’ fatica a tenere il passo con il caro vita. Si e’, quindi, aperta una crepa che molto probabilmente avra’ ripercussioni negative sui consumi e che fotografa lo stato di recessione dell’Italia.
Oggi l’Istat, ha, infatti, diffuso sia le stime sull’inflazione a marzo sia i dati sulle retribuzioni contrattuali nei primi due mesi dell’anno. Cifre che suscitano le preoccupazioni di consumatori e commercianti. A marzo i prezzi, su base annua, non sono scesi dal +3,3% segnato gia’ a febbraio, crescendo dello 0,5% in un solo mese. Soprattutto continua a salire il conto della spesa: i prodotti acquistati con maggiore frequenza aumentano del 4,6%, il valore piu’ alto dall’ottobre del 2008. A trainare i rincari sono i carburanti, con la benzina in rialzo, rispetto a marzo 2011, del 18,6% e il diesel del 22,5%. Nell’area euro, invece, l’inflazione fa un piccolo passo indietro, scendendo al 2,6%.
Intanto a febbraio le retribuzioni contrattuali (che fanno riferimento alle erogazioni con carattere generale e continuativo, come paga base, indennita’ generali e premi mensili) restano ferme rispetto a gennaio, aumentando solo dell’1,4%, su base annua, come era anche accaduto nei due mesi precedenti. I salari rimangono cosi’ inchiodati al valore tendenziale piu’ basso dal marzo del 1999. E il confronto con la crescita dei prezzi al consumo torna, come era stato a dicembre, al livello massimo, pari a 1,9 punti, da diciassette anni. Sul raffreddamento delle buste paga pesa il blocco della contratti nella pubblica amministrazione (3 milioni di dipendenti). Infatti, per il comparto pubblico la variazione annua degli stipendi e’ pari a zero, mentre un po’ meglio va per i dipendenti del privato, che hanno potuto contare su un aumento dell’1,8% (comunque ampiamente al di sotto dell’inflazione).
I numeri sugli stipendi e sui prezzi allarmano le associazioni dei consumatori che prevedono tempi molto duri: il Codacons ipotizza una stangata di 670 euro a famiglia per la spesa di tutti i giorni; mentre Fedeconsumatori e Adusbef calcolano una ricaduta generale di 1.330 euro annui per nucleo familiare. Timori vengono anche espressi da fronte delle imprese: riguardo a un nuovo rialzo dell’Iva Federdistribuzione avverte: ‘Si puo’ stimare che l’aumento strutturale delle due aliquote considerate nella legge ‘Salva Italia’ comporterebbe a regime un innalzamento dell’inflazione di 1,7 punti, con un conseguente calo dei consumi dello 0,8%’. Sulla stessa linea Confcommercio, che evidenzia come ‘il settore distributivo non abbia avuto comportamenti inflazionistici, ma abbia, invece, subito le conseguenze dell’erosione del potere d’acquisto delle famiglie’.
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