Passa dai thermos di acqua calda la via del successo (o del disastro) del turismo cinese in Italia. Le cifre sono impressionanti: dal 2004 in avanti la quota di cinesi che viaggiano all’estero per turismo cresce in maniera tumultuosa, a ritmi del 20% l’anno nell’ultimo periodo, di pari passo con il benessere che sta interessando la fascia media di un Paese da 1,35 miliardi di persone.
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale del Turismo, nel 2020 saranno cento milioni i cinesi che viaggeranno all’estero. Un’opportunità straordinaria per le nostre 450.000 imprese del settore – soprattutto piccole e medie – del settore, ma l’Italia e’ pronta a cogliere questa chance?
Le parole del Direttore Ufficio Turismo cinese in Italia, Liu Cheng, lasciano poche speranze. ”Tra le mete europee la Francia figura al primo posto, l’Italia resta in seconda posizione – spiega Liu Cheng – In media un turista cinese in un viaggio organizzato trascorre in Italia meno di due giorni (1,80% giornate). Sono circa 2 milioni l’anno, arrivano dalla Francia e trascorrono in Italia meno di due giorni, tappe obbligate Venezia e Roma, oppure Firenze e Roma. Il tour in Europa dura in genere 11-12 giorni e in questo tempo visitano almeno 3-4 paesi”. Oltre ad approdare in Italia in seconda battuta e con il portafoglio gia’ presumibilmente alleggerito dagli acquisti in territorio francese, ci sono altri problemi.
”Una volta superato lo scoglio del visto ci sono poi le difficolta’ della lingua, sono poche le guide turistiche che parlano cinese – dice Liu Cheng, da pochi mesi alla guida dell’ufficio del turismo nella Capitale – Altre lamentele riguardano la qualita’ del cibo che non e’ buona, e la quantita’ non basta”.
Possibile che i cinesi non amino la cucina italiana? Il problema e’ diverso e riguarda il fatto che i turisti in arrivo dalla Cina preferiscono o hanno l’abitudine di frequentare i ristoranti cinesi in Italia, e il livello non e’ – come e’ ovvio – equivalente alla cucina consumata nel loro Paese. I cittadini cinesi si lamentano poi della scarsa sicurezza delle nostre strade, sono infatti spesso vittime di scippi e borseggi. Infine, i turisti dell’ex Celeste Impero vogliono poter comodamente bere il loro the in camera: di qui l’importanza del thermos di cui l’albergo italico deve essere necessariamente provvisto.
Eppure i numeri dovrebbero farci pensare: tra il 2004-2005 ha preso a svilupparsi il turismo entro i confini del Celeste Impero e dal 2006 – sottolinea il direttore dell’Ufficio del Turismo Liu Cheng – i cinesi hanno cominciato a uscire dai confini nazionali. La voce turismo incide oggi sul Pil cinese per il 3-4% ma l’obiettivo nel giro di qualche anno e’ quello di raggiungere il 7%. Corea del Sud, Russia, Stati Uniti e Giappone sono le mete principali di 12 milioni di turisti cinesi ogni anno.
Tra le mete europee, anche l’Italia sta crescendo: ogni anno 2 milioni di cinesi visitano il Bel Paese, in confronto dei 250mila turisti italiani in Cina. Il 70% dei cinesi che va in Europa visita l’Italia. I cinesi amano il Bel Paese, conoscono il calcio, la moda, le firma del fashion. Secondo uno studio della China Tourism Academy, il 52% dei cinesi ottiene informazioni sulle destinazioni da visitare tramite internet: aggiungiamo l’assenza di una compagnia di bandiera che assicuri collegamenti diretti Italia-Cina, basta poco per capire che da una torta molto appetibile, l’Italia rischia di essere completamente fuori gioco.
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