Gli effetti della pandemia si sono intensificati sia a livello della salute globale che in quello delle ripercussioni economiche. Un terzo aspetto grave e preoccupante è però anche quello riguardante gli aspetti della sofferenza psichica collettiva, famigliare e individuale che sembra essere messo in secondo piano, ma che potrebbe a medio termine rivelarsi incisivo e devastante.
Un’emergenza di sanità pubblica può avere effetti duraturi sulla psicologia di una popolazione, afferma lo psicologo Steven Taylor, professore e psicologo clinico nel dipartimento di Psichiatria dell’Università della British Columbia. In un articolo sul Guardian, Taylor ha evidenziato i punti salienti della sua ricerca, che si avvale di dati che si riferiscono a epidemie recenti, avvertendo come gli effetti psicologici di una pandemia, sia tra chi sperimenta la quarantena sia tra chi ha contratto il virus, sono tutt’altro che trascurabili e si possono estendere nel tempo.
La sofferenza generata da un disagio psichico è quindi particolarmente importante in questo periodo di emergenza sanitaria, contraddistinta da incertezza e stress. Per alcune persone ciò significa fare i conti con ansia, problemi di insonnia, depressione e sofferenza generalizzata.
Nel caso del Covid-19, alcuni di questi effetti sono già evidenti: molte persone potranno perdere il lavoro e subire difficoltà finanziarie; altri dovranno affrontare il trauma della perdita dei propri cari; matrimoni e relazioni crolleranno sotto la pressione della situazione. La quarantena forzata è inoltre particolarmente pesante, e pericolosa, per chi soffre di disturbi mentali, malattie croniche o vive in una situazione precaria, ma può avere effetti psicologici anche su chi si considera emotivamente stabile.
Non sottovalutiamo che, secondo il DSS, nel 2017 quasi un ticinese su 4, più precisamente il 24,3%, dichiarava di soffrire di un disagio psichico medio grave. Dato molto superiore alla media svizzera, comunque importante con il 15,1%, e probabilmente aggravatosi con gli effetti della pandemia.
Questa epidemia ci sta confrontando inoltre con l’angoscia della morte, una paura atavica dell’uomo, che il virus ha riportato alla luce, assieme ad un allarmismo generalizzato. Un virus che non vediamo, ma può infettarci attraverso qualsiasi persona. È difficile da gestire in un mondo che tenta in tutti i modi di sopprimere l’idea della morte, di allontanarla (infatti si muore sempre più in ospedale) mediatizzando all’infinito l’eterna giovinezza.
Occorre inoltre considerare che ogni misura dell’autorità, seppur legittima, aumenta senso di insicurezza, ansia e paura dell’altro.
Riferendosi alle ragioni che hanno portato alla sofferenza sarà quindi necessario analizzare complessivamente la vita della persona che sta male per determinare un cambiamento, in modo da arrivare a trasformare le sue condizioni psicologiche e di relazione ricostruendo nuove forme di benessere e di equilibrio.
Nella presente situazione, oramai cronica, di difficoltà nella gestione delle risorse sanitarie, di costi fuori controllo, di conflitti fra partner sociali ed istituzionali, di preoccupazioni per il cittadino, di consapevolezza della necessità di un utilizzo più attento di molti servizi e prestazioni, ci si deve chiedere se non sia il caso di affrontare il problema in modo diverso. Se non sia cioè giunto il momento di considerare le cose in modo totalmente nuovo pena l’esasperazione ed il mancato controllo ulteriore con tutto ciò che comporta questa deriva. La salute ed il benessere psicologico, fisico e sociale, così come la ricerca e la formazione in questo ambito, devono infatti essere considerati non più dei costi, degli oneri, quanto invece un’opportunità, un investimento, un’occasione di crescita e sviluppo. Perché investire nella salute non solo è possibile, ma è anche una grande opportunità per la società civile ed il progresso. Investire nella salute significa investire nel benessere delle persone, della comunità e della società tutta. È un indicatore di sviluppo e di evoluzione di un intero sistema sociale ed economico.
Andrea Mazzoleni
Socioterapeuta