“Siamo in lunga fase di calma piatta sul fronte pandemico che va avanti da ormai sei settimane. Ci sono circa 60 mila nuovi casi al giorno che alimentano costantemente il bacino dei positivi, fermo a quota 1,2 milioni di persone attualmente contagiate. Il tasso di positività derivante dai tamponi molecolari supera il 15% da più di un mese. Dal 5 marzo si rilevano circa 40 ingressi in terapia intensiva al giorno e dal 20 marzo si registrano circa 130 decessi al giorno. È una fase di stabilità di tutti gli indicatori della pandemia che però ci indicano che il virus continua a circolare intensamente”. A fare la fotografia della fase attuale dell’epidemia di COVID-19 è Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, intervenuto all”Italia s’è desta’, su Radio Cusano Campus.
“Fortunatamente in ambito ospedaliero si segnalano 411 posti letto occupati in terapia intensiva e 9.940 in area medica con entrambi gli indicatori in discesa. Questo dimostra ancora una volta che la protezione del vaccino, al di là dell’alta circolazione del virus, rimane l’arma fondamentale”.
Nella settimana 11-17 aprile sono 7.300 i nuovi vaccinati “nonostante le festività i numeri non rasentano lo zero ma ci sono ancora tante persone da vaccinare. E soprattutto occorre ricordare che in questa fase il ciclo vaccinale completo è di tre dosi con un’ulteriore per le persone fragili” aggiunge Cartabellotta.
Sulla quarta dose: “Dal primo marzo 791 mila persone immunodepresse possono ricevere la quarta dose ma, in un mese e mezzo, ne abbiamo coperte meno del 10% con ingiustificabili e imbarazzanti differenze regionali: il Piemonte è al 40% mentre Basilicata, Calabria e Molise superano di poco l’1%. Questo significa che il modello organizzativo regionale per la somministrazione della quarta dose alle persone immunocompromesse è stato attuato in maniera diversa. L’impressione è che la chiamata attiva delle persone presenti nei registri delle ASL stia portando alcune Regioni a raggiungere percentuali elevate a differenza della cosiddetta ‘prenotazione volontaria’” sottolinea il presidente della Fondazione GIMBE.
“Il secondo grande contenitore di persone de stinate a ricevere la quarta dose comprende gli over 80, gli ospiti delle RSA e le persone fragili nella fascia 60-79 anni: le somministrazioni sono iniziate da circa 7-10 giorni e, al momento, si registrano circa 17 mila somministrazioni. Numeri veramente molto bassi”.
Secondo Cartabellotta siamo in una fase in cui bisogna attuare strategie di chiamata attiva per somministrare un ulteriore richiamo alle persone over 80 e fragili: “Molti anziani potrebbero non essere a conoscenza dell’apertura di un’ulteriore somministrazione di vaccino. Le evidenze scientifiche, pur se modeste, dimostrano che un ulteriore richiamo in anziani e fragili riduce l’incidenza della malattia grave del 90%. Inoltre vi è un calo generale di attenzione nei confronti della pandemia con la tendenza a rimandare tutto a settembre sperando in vaccini aggiornati alle nuove varianti. Su quest’ultimo punto emergono alcune perplessità, perché il virus muta molto più rapidamente rispetto alla velocità dell’industria di produrre nuovi vaccini”.
L’Unione Europea ha recentemente bacchettato l’Italia per i ritardi nella raccolta dei dati della pandemia: “Tempestività, granularità, interoperabilità e formato aperto dei dati sono tutti aspetti che la Fondazione GIMBE, insieme a diverse organizzazioni, richiede periodicamente da oltre un anno e mezzo con la campagna #datibenecomune. Grazie a questi dati, i ricercatori indipendenti possono dare il proprio contributo per uscire dalla pandemia. In Italia la gestione dei dati sulla pandemia dipende dal flusso che parte dalle ASL raggiungendo le singole Regioni per poi arrivare al Ministero della Salute. Un traffico che, con esclusione del Sistema di Sorveglianza Epidemiologica dell’Istituto Superiore di Sanità, non è mai stato informatizzato in maniera complessiva ed è legato ad un’eterogeneità di sistemi di raccolta dati” spiega Cartabellotta.
Infine, sull’eventualità di non indossare le mascherine al chiuso “Con oltre un milione di positivi documentati rappresenta un rischio. Se la circolazione non dovesse abbassarsi è prudente mantenere l’obbligo di mascherina nei luoghi al chiuso, come ad esempio sui mezzi pubblici, seguendo le evidenze scientifiche piuttosto che le pulsioni di tipo sociale” conclude Cartabellotta.