Il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero è inondato di richieste di informazioni da parte di connazionali che, a due anni di distanza dall’esplosione del Covid-19, chiedono di rientrare a casa.
“La diffusione della pandemia da SARS-CoV-2 accomuna da oltre un anno e mezzo il pianeta – si legge in una nota del CGIE -, l’Organizzazione Mondiale della Sanita è alla strenua ricerca di soluzioni per coordinare i distinti ordinamenti sanitari e per aggredire il morbo con soluzioni efficaci per debellarlo, se mai si arriverà alla sua neutralizzazione. Le ricette sono diverse da paese a paese e, comunque, tra le tante contrarietà legislative in Europa l’alta stagione estiva invita agli spostamenti dei vacanzieri.
E’ di questi ultimi giorni il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri italiana correlato alla messa a punto della controversa introduzione nella vita civile e sanitaria del “green pass” con il quale il nostro Paese, a partire dal 6 agosto, dovrà gestire la quotidianità dei nostri connazionali e dei turisti, che in queste settimane desiderano venire in Italia a trascorrere le vacanze.
Intanto la versione italiana di questa misura regolatrice oltre ad essere contestata dai gruppi no-vax, mostra limiti applicativi e trova difficile applicazione perché in alcuni ambiti rischia di misconoscere i diritti essenziali di molti cittadini italiani e stranieri, tra questi anche quelli dei nostri connazionali residenti all’estero.
Il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero è inondato di richieste di informazioni da parte di connazionali, che a due anni di distanza dall’esplosione del Covid-19 chiedono di rientrare a casa. Ai persistenti ritardi accumulati ovunque dagli uffici consolari italiani, che non riescono a soddisfare le richieste di nuovi documenti d’identità e, quindi, condizionano gli spostamenti, si aggiungono le nuove e caotiche misure generali prive di esaustive informazioni per tranquillizzare coloro che hanno programmato di venire in Italia.
Ci fosse una volta che i decreti legge emessi dal Governo, che negli ultimi anni sono diventati gli strumenti legislativi abituali – che regolano la vita civile italiana – che contenessero anche regole applicative per gli italiani all’estero. Chiedere l’aggiornamento delle procedure legislative per evitare il continuo ricorso alle interrogazioni parlamentari o agli ordini del giorno dei parlamentari – conclude la nota targata CGIE – può essere derubricata come disfunzione amministrativa, può sembrare una pretestuosa illusione, ma la realtà spinge a esigere l’immediata istituzione di un luogo concreto per promuovere la naturale applicazione delle leggi nei tempi previsti anche tra le Comunità italiane all’estero”.