Nell’ambito dell’annoso dibattito che riguarda i costi della politica e gli emolumenti dei parlamentari, rientra in qualche modo anche la cifra che ogni parlamentare riceve per "il rapporto con il territorio", ovvero per corrispondere il giusto tributo a chi mantiene i contatti con l’elettorato e lavora per l’onorevole, il portaborse insomma, la segretaria, l’ufficio stampa. Sono 3500 euro che vengono dati a deputati e senatori per poter pagare i propri collaboratori, "che sono preziosissimi e che ci aiutano moltissimo nel nostro lavoro", parole di Rosi Bindi; collaboratori "senza i quali io non potrei svolgere in pieno in mio lavoro di deputato, sarei un deputato in vacanza", parole di Colaninno.
Ebbene, molti parlamentari, la stragrande maggioranza dei peones, ovvero dei piccoli pigiabottone, dei fantasmi di Montecitorio, degli ectoplasmi di Palazzo Madama, si intascano questi quattrini: ci si pagano il mutuo, spesso, oppure la colf, la baby sitter, la rata per la nuova macchina. Fatta la legge, trovato l’inganno: sulla carta si giustifica, anzi si pretende il riconoscimento di un ruolo, ma poi se ne fa tutt’altro uso, anzi, cattivo uso.
Perche’ elargire improprie somme di denaro come diritti acquisiti a persone che non le meritano, che se ne appropriano disonestamente?
Come si puo’ pensare di risanare un ambiente che dovrebbe essere sano e invece e’ infestato dagli interessi personali, se non si provvede immediatamente a combattere la corruzione di cui anche questo e’ un esempio?
In altri Paesi europei non e’ cosi. In Francia, per esempio, e’ lo stesso Parlamento a pagare i collaboratori dei parlamentari: il deputato o il senatore indicano i nomi del proprio capo ufficio stampa, della propria segretaria, e il Parlamento provvede a fare un contratto e a pagare. Cosi’ sarebbe giusto fare anche in Italia. Auspichiamo con forza che presto arrivi una riforma in tal senso. Ne gioveranno le casse dello Stato, perche’ chi non avra’ collaboratori non fara’ spendere soldi all’Italia, e ne gioveranno anche tanti portaborse, ai quali oggi tocca lavorare in nero, per somme ridicole se non mortificanti, e senza alcun diritto garantito per legge.
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