A 10 anni dal disastro della Costa Concordia, il senatore Gregorio De Falco, all’epoca del naufragio della Costa concordia capo della sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno, è intervenuto su Radio Cusano Campus.
“A distanza di 10 anni ci si allontana dal dettaglio e si riesce ad avere una visione d’insieme della vicenda, anche cercando di trarre qualche lezione dall’accaduto – ha affermato De Falco -. Io ricordo alcuni momenti assolutamente violenti, quando ebbi la prima telefonata che aveva il tono dell’annuncio di un’emergenza drammatica. Salì immediatamente una forte preoccupazione che mi confermata dalla sala operativa, dove si era compreso che c’era una vera e propria mistificazione da parte del comando di bordo, le informazioni che ci arrivavano riguardavano semplicemente il blackout e non erano coerenti con le informazioni che ci erano giunte dalla telefonata di una parente della passeggera. Capimmo facilmente che c’era qualcosa che non ci veniva detto, per questo insistemmo per farci dare il mayday. Facemmo quello che dovevamo fare, alla fine avevamo 8 elicotteri, 48 unità navali, nuclei subacquei, ma non c’era la dichiarazione di emergenza e soprattutto a bordo non era partita l’emergenza, le persone erano state ancora tenute in cabina. Alle 21.50 circa il comando di bordo acquisisce piena consapevolezza che la nave stava affondando, a quel punto doveva dichiararsi l’emergenza generale e invece trascorrono 50 minuti, questo ritardo ha comportato che la nave si inclinasse, 450 persone sono dovute tornare sul ponte 4 e poi sbarcare da poppa con la biscaglina”.
La telefonata famosa. “Il salga a bordo fu una cosa detta d’impatto, ma è la prima telefonata quella più importante, in cui chiedo di dare il mayday. Da quel momento comincia effettivamente l’operazione di soccorso a bordo. Il torni a bordo era un’indicazione. La mancanza di autorità a bordo è qualcosa di inaudito, può mancare il comandante ma non il comando a bordo, ma l’autorità di terra non aveva alcun riferimento a bordo. Io ho fatto solo il mio lavoro, l’ho fatto come lo sapevo fare, nel migliore modo possibile. Da parte del comandante sono stati commessi errori molto gravi, perché hanno portato alla morte di 32 persone che avremmo potuto salvare anche dopo l’impatto”.
Sulle condanne. “L’unico che affronta il processo è il comandante, gli altri, lungi dall’essere assolti, ammettono immediatamente le proprie colpe e subiscono le condanne. Il primo ufficiale, il terzo ufficiale, il comandante in seconda, la Costa Crociere sono stati tutti condannati. E’ vero che entrato nelle patrie galere soltanto il comandante, ma è anche vero che le scelte scellerate sono state le sue, gli altri hanno avuto la colpa di non impedirle”.
Sulle navi da crociera. “La questione dell’inchino si ripropone. Finchè la manovra viene compiuta in sicurezza, finchè il comandante rimane nel controllo della propria nave non ci sono problemi. Il problema è quando il comandante compie un atto scellerato, che non ha a che fare con la ragione e la sicurezza della nave, a quel punto puoi mettere tutte le regole possibili ma non serviranno”.