La storia d’Italia a tavola, attraverso i piatti e le ricette che caratterizzano le diverse cucine regionali, tutte accomunate da un unico tratto: il derivare, alla fine, da una cucina povera, che nel tempo è cresciuta e si è fatta apprezzare nel mondo proprio per la sua semplicità. Celebra tra il serio e il faceto i 150 anni dell’Unità d’Italia l’incontro «Fornelli d’Italia», tra i primi appuntamenti della kermesse «Cortina InConTra», ideata da Iole ed Enrico Cisnetto (e che sarà trasmessa da Tv Parma in prima serata), inaugurata sabato a Cortina d’Ampezzo. L’incontro prende spunto dal libro scritto dal ministro Renato Brunetta e dal gastronomo Fabrizio Nonis «Oggi (vi) cucino io», il cui ricavato andrà all’associazione Il Gabbiano Jonathan Il Pino.
Sul palco dell’Audi Palace di Cortina, davanti a una sala gremita anche Giovanni Ballarini, professore di Antropologia alimentare dell’Università di Parma, presidente dell’Accademia nazionale della cucina italiana e curatore de «I Menu del Quirinale», Massimo Bottura, chef del noto ristorante «La Francescana» di Modena, insignito del titolo di migliore chef dall’Accademia nazionale della cucina italiana, presentati dal giornalista Guido Barendson.
Da questo parterre di chef, gastronomi, gastronauti e appassionati di cucina arriva il monito dell’«Unità nella diversità» come espressione della ricchezza delle cucine regionali. Cucine regionali che tuttavia sono molto diverse da una volta. «Un tempo – ha sottolineato Ballarini – si conoscevano alla perfezione gli ingredienti e da dove venivano, si sapeva come era stato allevato quel maiale o dove era stata raccolta quella carota e da qui si partiva per costruire uno stile preciso in cucina. Oggi c’è una crisi di questa cucina borghese, mantenuta solo dalle persone da una certa età in su: nei giovani sotto i 30 anni non c’è più questa cultura, che differenziava ad esempio i cibi di tutti i giorni da quelli delle feste».
Ma tra gli ingredienti che compongono un piatto indimenticabile, ha ricordato lo chef Massimo Bottura, ce ne sono due indispensabili: ricordi ed emozioni. «Uno dei momenti più alti del mio lavoro è stato quando è venuta al mio ristorante una gourmet tedesca e di fronte a uno sformato di patate al tartufo si è messa a piangere, perché le ricordava quello che mangiava da piccola». Ricordi ed emozioni quindi, che a volte sbaragliano anche le regole più classiche della cucina e fanno saltare classifiche e giudizi.
«Mi vengono in mente i tortellini di mia mamma, mai ne ho assaggiati di così buoni» ha detto con aria vagamente trasognata pensando a questi ricordi a tavola il professor Ballarini. Ma è pronta la replica di Bottura: «Sono i miei i tortellini migliori, anche più di quelli di mia mamma e della mamma di Ballarini». Questione di punti di vista, e di palato: sui tortellini il palco si divide, ma tutti concordano sull’importanza dell’aspetto emozionale del piatto.
Il ministro Brunetta ad esempio suggerisce che, a volte, in mancanza d’altro, si possono anche «prendere scorciatoie», come prodotti surgelati o confezionati, ma il cuore non deve mai mancare nel cucinare. Così l’effetto è garantito. «Ci stiamo abituando a gusti nuovi – ha chiosato Ballarini – che purtroppo ci fanno dimenticare quelli antichi. Pensiamo alla cioccolata, sostituita poi dalla gianduia e ancora dopo dalla Nutella, oggi dominante e sempre uguale, essendo prodotta in maniera industriale. I giovani non apprezzano più la diversità di una volta a tavola, ma cercano sempre gli stessi sapori, c’è molta omologazione».
Anche a questo servono le «esperienze» che si possono fare a tavola da grandi chef come Bottura, piatti sempre diversi, che ognuno condisce, sempre con i soliti due, indispensabili, ingredienti: ricordi ed emozioni. Come quelli che hanno lasciato gli ospiti di questo incontro della giornata inaugurale della stagione estiva di Cortina InConTra. (gazzettadiparma.it)
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