D’improvviso, suo malgrado, è stato eletto dalla politica a "uomo della provvidenza", soprattutto dopo la scandalo delle tangenti legate agli appalti per l’Expo 2015 di Milano. Ma lui, Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anticorruzione, alla stessa politica non la manda certo a dire. E proprio sul suo incarico, avuto dal governo Renzi, di occuparsi di vigilare sui lavori dell’esposizione universale, oggi dice che ”non ho intenzione né voglia di fare gite milanesi. La presenza dell’autorità ha un senso solo se ci danno strumenti di controllo ad hoc, se si impone alle società private di seguire le norme di trasparenza".
Cantone, che parla di ‘gita milanese’ da Napoli, in occasione della cerimonia del master in Criminologia alla Federico II, però attacca anche il Parlamento, che con urgenza ha calendarizzato la discussione del ddl sulla corruzione, ribattezzato ‘ddl Grasso’, proprio sull’onda emotiva dello scandalo Expo.
"E’ un fatto gravissimo, si prova a legiferare sull’onda dell’emergenza, avremo l’ennesima legge spot. Invece bisognerebbe riuscire a trovare il giusto equilibrio e non lasciarsi prendere delle vicende di cronaca". Nel merito, spiega Cantone, "si modifica di nuovo la concussione, si interviene sul falso in bilancio senza alcuna efficacia" e anche la norma antiriciclaggio "è inapplicabile e vaga".
Ma anche in linea di principio, secondo Cantone, il ddl Grasso "non avrà alcuna efficacia sul piano concreto, perché se non troviamo i meccanismi per individuare la corruzione possiamo fare delle mere manifestazioni di principio che non avranno effetto". Meccanismi che, dice il magistrato, dovranno essere raffinatissimi perché i tempi di Tangentopoli sono lontani: "Lì c’era la chiara finalizzazione della politica per il finanziamento illecito ai partiti" oggi invece "la corruzione si è evoluta, il sistema dei comitati d’affari è più pericoloso", a gestire la corruzione sono vere lobby nelle quali la politica svolge un ruolo di aiuto per avere vantaggi diretti o indiretti". E addirittura "è più facile lavorare all’antimafia che all’anticorruzione perché nel primo caso a controlli approfonditi risultano infiltrazioni, mentre qui è impossibile perché c’è uno scambio alla pari".
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