L’emergenza coronavirus è mondiale, ma non tutti i Paesi hanno risposto allo stesso modo. La Svezia, per esempio, tiene tutto aperto. Niente quarantena e autocertificazioni, solo raccomandazioni di buon senso.
Alessandro Lauriola, modenese, 31 anni, da tre a Goteborg come ingegnere alla Volvo, intervistato da Repubblica – edizione Bologna – racconta: “Un po’ di timore c’ è, non so se qui si sia fatta la scelta giusta; ma sono felice di avere ancora la mia vita di sempre”.
Di fatto in Svezia il lockdown non c’è mai stato: ristoranti, fabbriche, mezzi pubblici, pure locali notturni, a nessuno s’è imposta la serrata. L’obiettivo è una rapida immunità di gregge. Alcuni colleghi sono in smart working, ma per Lauriola il lavoro procede come al solito. Perché il distanziamento sociale alla svedese è basato su raccomandazioni.
La Svezia è l’unico paese in Europa in cui ancora si fanno concerti nei club, pur a ingresso molto limitato, indicando agli spettatori di stare fermi e distanti e coi baristi che li servono sul posto. Per un italiano emigrato in Svezia è forse più complesso mantenere tale aplomb, mentre da Modena arrivano duri racconti di vita in quarantena.