Claudio, studente-lavoratore italiano rimasto bloccato in Ungheria e ora finalmente tornato a casa, è intervenuto su Radio Cusano Campus per raccontare la sua esperienza. A Claudio è andata bene, ma non tutti hanno avuto la stessa fortuna.
“Stavo svolgendo un tirocinio per la Camera di commercio italiana in Ungheria – ha raccontato Claudio -. Sono arrivato a Budapest a fine febbraio e sono riuscito a tornare il 28 marzo. Vivendo a Roma ho avuto la fortuna di usufruire di un volo diretto Budapest-Roma, però conosco colleghi che vivendo in Sicilia hanno dovuto prendere due voli, passando la notte a Roma e le spese per loro sono state molto alte. Il mio volo è costato 185 Euro, credo che sia un prezzo fuori mercato, il doppio di una tariffa che si trovava in tempi normali. Per quanto riguarda i voli, la forte scontistica di cui parlavano le istituzioni non l’ho riscontrata. A me è andata bene, ma tante persone sono rimaste bloccate, volevano tornare ma non ricevevano nessuna risposta dall’ambasciata. Queste persone si sono organizzate per conto proprio, hanno creato dei gruppi su facebook e whatsapp organizzandosi i modi più impensabili per tornare. Ci sono persone che hanno anche noleggiato una macchina, pagando più di 500 Euro”.
“Il problema più grande è che non si sa quando questa emergenza finirà e ovviamente si sa che sarebbe una spesa enorme sostentarsi per un lungo periodo in un Paese straniero. Credo che debba essere garantito un rimpatrio alle persone che ne hanno bisogno. La cosa che più faceva paura era vedersi il proprio volo cancellato. Sicuramente la situazione è di emergenza, però da studente-lavoratore mi sento preso in giro quando sento che lo Stato italiano sta facendo di tutto per rimpatriare gli italiani. Il governo polacco si è messo d’accordo con la compagnia di bandiera e sussidia i voli per rimpatriare i propri cittadini e, una volta che atterrano a Varsavia, ci sono i treni gratis per raggiungere le loro località di residenza. Le misure di sicurezza non sono state rispettate, sono arrivato all’aeroporto di Budapest senza che nessuno mi facesse il controllo della temperatura. Ci siamo imbarcati su un aereo pieno ed eravamo uno attaccato all’altro. Solo una volta sbarcati a Roma ci hanno fatto il controllo della temperatura e ci hanno detto di mantenere la distanza di sicurezza”.