Trump zero. Scienza uno. Ha provato a resistere, a ragionare in termini di dominio della volontà, ma alla fine ha dovuto cedere. Gli Stati Uniti non riapriranno per Pasqua, e non riaprirà di certo New York. Il lockdown a NY per ora è fino al 15 aprile, la guida di comportamento federale fino al 30 aprile.
Il virus non è un avversario che neutralizzi con le parole, l’epica e il mito dello statista guerriero non serve ad intimidirlo. Il virus va innanzitutto compreso, e quindi serve la scienza come metodo. Schemi, analisi, proiezioni. Non c’è altro, ed è una lotta epocale che mette a nudo le nostre fragilità: non tanto i ventilatori che mancano, è comprensibile dinanzi ad un fenomeno inaspettato, ma la paura del dopo, l’incertezza come cifra comune.
L’emergenza non è solo sanitaria, ma psicologica ed è questo un nemico che vediamo poco ma c’è: tutti hanno paura del virus e del domani. E non va sottovalutato.
Quindi non deve meravigliare che i politici ondulino tra verità e speranze, cerchino di tirare su il morale, dicano stupidaggini a volte. E’ uno scenario nuovo anche per loro.
Ma ora è il momento della verità, lo è per Trump, lo è per tutti. Fauci, il massimo virologo americano, ha preso in mano la situazione, e ha costretto il presidente a dire che per la normalità non se ne parla prima di giugno. Lo ha convinto dicendogli che si rischiano due milioni di morti. E non è una semplice opinione, ma una proiezione, cioè un metodo. E Trump ha fatto un passo indietro, cambiando versione.
Da Pasqua si passa al primo giugno. Bisogna concedersi quello spazio delle 6/8 settimane di cui poi aveva parlato anche Bill Gates, che aveva suggerito una chiusura totale di tutti gli Stati Uniti. Intanto New York si prepara all’onda d’urto dei ricoveri, si moltiplica il numero di posti letto: la guerra al virus viene ora.