“Siamo in una nuova fase dell’epidemia, è quello che ci dice questa crescita significativa. Agendo bene possiamo rallentarne la diffusione, possiamo ancora piegare la curva. ll rischio è reale e non va preso sotto gamba”. Parole pronunciate a colloquio con Repubblica da Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità e membro del Comitato tecnico scientifico.
II Dpcm appena approvato servirà a ridurre i casi? “Se oggi si rispettano le nuove regole, possiamo evitare di assumere nuovi provvedimenti più avanti. Se la curva non cresce eccessivamente possiamo mantenere questa ànormalità con Sars-CoV-2. I provvedimenti impattano sulla diffusione in 10-15 giorni, quindi gli effetti del nuovo provvedimento si vedranno dopo la fine della prossima settimana”.
“La Cabina di regia fa un monitoraggio continuo che ci permette di valutare quello che avviene. Speriamo ora che i comportamenti riducano la diffusione del virus”.
“I dati ci dicono che la causa è soprattutto la diffusione del virus a livello familiare e domiciliare. Questa espressione va intensa in senso allargato. Anche contesti come le feste, la movida, e in generale gli incontri informali dove si tende a rilassarsi rispetto alle misure di prevenzione favoriscono la diffusione. È importante controllare una partita, quella delle aggregazioni – dove non si rispettano le distanze e non si tiene la mascherina”.
La scuola ha un ruolo nell’aumento dei casi di contagio? “Non abbiamo indicazioni forti su focolai dentro la scuola. I casi di positività ci sono ma di origine soprattutto extrascolastica”.
Le Regioni discutono di didattica a distanza alle superiori. Può essere un’opzione? “Nel documento sulla scuola si prevede già la possibilità di modulare la didattica, ferma restando la priorità di mantenere aperta la scuola. Si indicano più opzioni: tutti in presenza, metà in presenza e metà a distanza, tutti a distanza. La modulazione avviene in funzione del quadro epidemiologico. La didattica a distanza è un’opzione che si può attivare, per tempi limitati, a seconda della circolazione locale del virus”.
I mezzi del trasporto pubblico locale pieni possono far crescere la circolazione del virus? “Nel piano fatto con le Regioni si chiede di differenziare gli orari. A scuola abbiamo una buona organizzazione e bisogna fare in modo che anche fuori ci siano regole rispettate. Scaglionare orari di inizio delle attività e della scuola è uno degli strumenti che può aiutare. Dove ci sono picchi di affollamento è bene evitarli anche scaglionando come prima misura gli orari”.
In Italia si fanno pochi tamponi? “Non direi e tra l’altro stanno aumentando. Altri Paesi che hanno dati superiori riportano anche altri tipi di test. Noi indichiamo i tamponi molecolari. Invito piuttosto a una riflessione su un uso appropriato di questo strumento. I contatti dei contatti non devono fare il test. È la Asl a dire chi va esaminato. Alcuni ritengono che un tampone in più non faccia male, invece è importante tracciare prioritariamente i contatti stretti, per garantire il test a coloro per i quali è davvero necessario”.
In alcune Regioni per ridurre i tamponi e non bloccare le classi si è deciso che il raffreddore non va considerato un sintomo del Covid… “Nel nostro documento sulla scuola c’è la raccomandazione che la valutazione clinica del paziente venga fatta dal medico di famiglia o dal pediatra di libero scelta. E’ importante mantenere questa linea, deve essere il dottore a indirizzare, o meno, il paziente verso il tampone visto che conosce la sua situazione di salute generale”.