La corsa è contro il tempo, per avere letti, attrezzature mediche, medicine e soprattutto medici e infermieri che possano gestire l’emergenza sanitaria a New York. Perché a questo punto il coronavirus c’è, e bisogna affrontarlo. Inutile chiedersi che fine farà l’economia di New York, perché farà la fine di tutti i paesi: recessione.
New York è vuota, tutto è chiuso, ristoranti, musei e spettacoli, ma si può ancora liberamente passeggiare per strada. Sembra un piccolo particolare, ma non lo è, perché se vuoi battere il nemico devi avere un popolo al tuo fianco, soprattutto psicologicamente ora che soffre per i soldi che mancano.
Chiudere la gente in casa è una soluzione troppo estrema per esser presa a cuor leggero, soprattutto quando la democrazia ha un’arma che le dittature non hanno: la persuasione. Convincere i cittadini senza obbligarli. E i newyorkesi si sono convinti: in tanti stanno a casa.
Certo non è la quarantena totale, stile cinese, ma potrebbe essere sufficiente per “flatten the curve”, cioé rallentare il contagio per far in modo che il sistema sanitario possa controllarlo. Questo ha spiegato Cuomo a De Blasio, e alla fine il sindaco s’è convinto: niente chiusura.
Siamo una democrazia, e abbiamo altri mezzi per rispondere, non sprofondare nell’abisso di additare come criminali coloro che fanno una corsa nel parco, e chiudere in casa i cittadini a tempo indeterminato, senza un vero e proprio piano se non “fare come la Cina”. Questa è follia, si son detti i due italomaericani.
E infatti lo stesso De Blasio in conferenza stampa ha finto di esser stato travisato, cioé che lui non avrebbe chiuso la gente in casa, non in maniera rigorosa.
Allora come risponde New York?
La strategia è chiara. La prima è sanitaria, se sarà necessario si prenderanno anche gli hotel per creare posti d’emergenza, si farà di tutto per avere posti in terapia intensiva, e medici.
La seconda è comportamentale: si spiega ai newyorkesi che è meglio stare a casa, e mantenere le distanze, disinfettare tutto. Ma sono liberi di farlo o no, perché l’emergenza c’è, ma ancora non c’è l’apocalisse. Intanto però si chiudono ristoranti, musei teatri, in modo che anche se esci non hai nulla da fare.
La terza risposta è la prevenzione. Bisogna fare i tamponi, come in Corea del Sud, trovare il prima possibile i malati, anche gli asintomatici, ricostruire le loro traiettorie, e metterli in quarantena, perché così si minimizza il rischio di contagio, senza danneggiare la società con quarantene totali.
Infine c’è la risposta economica: aiuti, federali, statali e comunali. Perché l’America non è la Cina.