Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani di Roma e componente del comitato tecnico scientifico (Cts), in una intervista al Corriere della Sera dichiara: “Anthony Fauci, il virologo americano, ha già detto che dovremo fare i conti con questa pandemia per almeno tutto il 2021 cercando di tenerla sotto controllo. Io sono d’accordo. I primi vaccini e cure più efficaci di quelle attuali, soprattutto gli anticorpi monoclonali, potrebbero essere disponibili tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo. Poi bisognerà distribuirli e renderli accessibili a tutta la popolazione mondiale. Un compito organizzativo e logistico che non può essere realizzato in poche settimane”.
Ippolito evidenzia che le misure messe in campo dal governo sono “le uniche armi” che abbiamo per contenere la pandemia ma “vanno applicate bene e serve la collaborazione di tutti”, “se non si riesce a stabilizzare il trend dei contagi qualunque sforzo sarà inutile. Tutti i Paesi si stanno muovendo così, mettendo in sicurezza la tenuta della sanità per garantire cure non solo ai malati di Covid”.
“Si possono emanare le disposizioni più restrittive, ma se ognuno di noi non è diligente nel rispettarle non serviranno a un granché”, “si è sempre cercato di prendere decisioni appropriate, proporzionate e sostenibili dal punto di vista economico e sociale. Col senno di poi si sarebbe potuto fare di più? Possibile. In estate avremmo dovuto essere più cauti e non andare in discoteca o in piazzetta per l’aperitivo? Possibile. Ma la situazione attuale non è solo dell’Italia, è uno scenario comune. Tutta Europa è zona rossa”.
“Questo virus ha un vantaggio su di noi. Nei primi giorni dell’infezione agisce in maniera assolutamente non controllabile perché si è contagiosi per 2-3 giorni prima dell’insorgenza dei sintomi e spesso si rimane asintomatici ma in grado comunque di infettare altre persone. Test, tracciamento, isolamento sono le uniche contromisure, ma se il numero dei casi sale oltre un certo livello il sistema di tracciamento salta e allora occorrono azioni di mitigazione e contenimento aggressive come quelle che abbiamo messo in campo”.
“Abbiamo visto che il virus tende a non mutare e questo potrebbe essere positivo nell’ottica di un vaccino, ma 10 mesi sono decisamente troppo pochi per escludere che possano prendere piede in futuro mutazioni significative. Sull’immunità vale lo stesso discorso. A oggi i casi di reinfezione sono pochi, eppure non possiamo escludere che l’immunità acquisita dopo l’infezione possa esaurirsi dopo qualche mese”.