Federico D’Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento, durante il question time alla Camera, rispondendo a un’interrogazione del deputato Squeri di Fi circa i connazionali rimasti fuori dal Paese in questa emergenza coronavirus, ha detto: “Il Governo sta gestendo una crisi senza precedenti: ci troviamo dinanzi ad una emergenza storica. Stiamo lavorando per garantire il rientro in Italia, presto e in sicurezza, di tutti i connazionali all’estero che ne fanno richiesta”.
“Dal 10 marzo, data in cui è stato effettuato il primo trasporto da Malta a Pozzallo, al 23 marzo scorso – ha informato – sono rientrati, tramite mezzi aerei ed altri mezzi di trasporto, in Italia circa 30 mila connazionali che si trovavano temporaneamente all’estero”.
“Nel periodo compreso tra il 24 marzo ed il prossimo 5 aprile, anche grazie al supporto ed alla disponibilità degli operatori economici privati, si stima il rientro in Italia di un numero di connazionali compreso tra i 45 mila e i 50 mila, prevalentemente tramite vettori aerei e, in misura minore, mediante pullman”.
D’Incà ha sottolineato come “la stima dei connazionali che potrebbero effettivamente rientrare in Italia, ovviamente, è suscettibile di variazioni alla luce della differente natura e del progressivo inasprimento dei provvedimenti adottati dalle autorità dei Paesi di provenienza al fine di contenere la diffusione del COVID-19”.
“Segnalo che il 17 marzo scorso – ha proseguito – la ministra delle Infrastrutture, di concerto con il ministro della Salute, ha adottato un decreto che contiene specifiche misure di contenimento del virus ed indirizzate a coloro i quali varcano i confini nazionali”.
“In particolare, tutte le persone fisiche che entrano nel territorio italiano tramite trasporto aereo, ferroviario, marittimo e stradale, anche se asintomatiche, devono comunicare il proprio ingresso al Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente per territorio locale, per essere sottoposte alla sorveglianza sanitaria e all’isolamento fiduciario per un periodo di 14 giorni successivi all’ingresso; in caso di insorgenza di sintomi COVID-19, vi è l’obbligo di segnalare tale situazione con tempestività all’autorità sanitaria tramite i numeri telefonici dedicati”.
D’Incà ha ricordato che “specifiche deroghe sono previste: a) per coloro che transitano o sostano in Italia per comprovate esigenze lavorative e che sono comunque obbligati a uscire dal Paese entro 72 ore dall’ingresso, salvo motivata proroga per specifiche esigenze di ulteriori 48 ore. Tali persone sono comunque tenute a compilare apposita autocertificazione; b) per i lavoratori c.d. transfrontalieri; c) per il personale sanitario in ingresso in Italia per lo svolgimento di qualifiche sanitarie, ivi comprese quelle previste dall’articolo 13 del decreto – legge n. 18 del 2020; d) per il personale viaggiante appartente ad imprese con sede legale in Italia”.
“La Cina ha effettuato ingenti donazioni di presidi di protezione personale e ha inviato un’equipe di medici, infermieri ed esperti in Italia per supportare le aree maggiormente colpite e bisognose di assistenza”.
“Lo spirito di solidarieta’ con cui il nostro paese ha sempre mostrato vicinanza alle popolazioni colpite da calamita’ e’ riconosciuto in tutto il mondo e anche in questi giorni riceviamo attestati di conferma dai numerosi paesi che si stanno adoperando con analogo spirito, inviando squadre di operatori sanitari, strutture logistiche di supporto e dispositivi medici – ha aggiunto D’Inca’ -, penso ai medici cubani e russi, all’ospedale da campo di Cremona donato da una Onlus statunitense al supporto logistico fornito in questi giorni dalla Germania. L’Italia non e’ sola, ma e’ circondata da quella solidarieta’ e dall’amicizia che per prima ha inteso assicurare con generosita’ ai paesi messi a dura prova dall’epidemia”.