L’Astoi Confindustria Viaggi, l’associazione che riunisce il 90% del mercato del tour operating italiano, in una nota sottolinea che i tour operator italiani, “gia’ gravati dagli ingenti danni economici generati dell’emergenza coronavirus, non possono farsi carico anche dei costi di rimpatrio dei clienti nelle destinazioni dove sono state applicate misure restrittive e di respingimento nei confronti degli italiani”.
Tali costi, chiede l’associazione, “vengano considerati nelle misure economiche straordinarie ed urgenti che il governo sta adottando in questi giorni”, auspicando un “piano Marshall” per il comparto.
“La crisi che l’emergenza coronavirus ha generato al sistema turistico italiano necessita di un vero e proprio piano Marshall”, conclude Astoi, auspicando che il governo “raccolga tempestivamente questo appello adottando misure straordinarie e puntuali e che si riesca a bloccare il ‘virus’ della comunicazione confusa e allarmistica, in modo che il nostro Paese possa essere riabilitato agli occhi del mondo intero”.
L’Astoi spiega che proprio in questi giorni “i tour operator Astoi Confindustria Viaggi stanno inviando ed invieranno nelle destinazioni chiuse (ad esempio Mauritius, Israele, Giamaica, Repubblica Dominicana, Capo Verde, Oman) aeromobili vuoti per riportare in Italia i propri connazionali. Si tratta di migliaia di passeggeri. E’ gia’ successo in Repubblica Dominicana, dove lo scorso fine settimana i tour operator Astoi hanno fatto partire dall’Italia aerei intercontinentali vuoti per riportare indietro migliaia di turisti italiani; lo stesso accadra’ la prossima settimana per altre mete che stanno impedendo l’ingresso agli italiani. Si tratta di operazioni dai costi molto elevati” che Astoi chiede di inserire “nelle misure economiche straordinarie ed urgenti che il governo sta adottando in questi giorni”.
Nella nota si spiega che a fronte della chiusura di quasi tutte le principali destinazioni turistiche, “i tour operator non sono in grado di proporre destinazioni alternative al fine di garantire la continuita’ aziendale, poiche’ di fatto nessuna meta e’ piu’ fruibile, e si trovano a sopportare anche costi emergenziali che non dovrebbero ricadere sulle spalle di aziende private”. Il rischio e’ “il collasso delle aziende del comparto del turismo organizzato che conta oltre 12.000 imprese e da’ occupazione a oltre 50.000 addetti”.