Cesare Damiano, politico ed ex ministro del Lavoro, è intervenuto su Radio Cusano Campus e riguardo la sua esperienza con il covid-19 ha raccontato: “Ho ancora la voce un po’ bassa, un pochino sofferente. Per far comprendere di cosa si tratta, bisogna raccontare quando si ha la disgrazia di incontrare il covid. Sbagliano coloro che classificano questa malattia come una sorta di influenza un po’ più grave, non è così, siamo di fronte ad un virus inquietante e pericoloso”.
“Quando il primo tampone mi ha detto che ero positivo, così come la mia compagna che ho contagiato, mi si è gelato il sangue. Quando si è di fronte a un virus che viene ancora curato in termini sperimentali, ti trovi di fronte ad un’incognita, come sospeso tra la vita e la morte. Non bisogna assolutamente prenderla alla leggera”.
“Dai primi sintomi, febbre e tosse, sono passati 27 giorni, di cui 14 in ricovero all’ospedale Spallanzani. Ho avuto la fortuna di non essere stato intubato, però ho tenuto l’ossigeno come coadiuvante. Se ti capita, come è capitato a me, di ammalarti, di avere la febbre fuori sede, qui incontri la prima difficoltà. Io ero in Umbria, stavo per venire a Roma con un autista, ma avendo la febbre ho deciso di rimanere in Umbria per non mettere a rischio nessuno. Questo significa che diventi missing, scompari, perché il sistema informatico del Lazio non dialoga con quello dell’Umbria. Noi risultavamo sconosciuti e venivano saltati. Per avere il primo tampone, da persona fragile, essendo sintomatico, ci ho messo 3 giorni. Non capisco perché non si trova un’alleanza tra le strutture pubbliche e private per poter fare i tamponi. Allo Spallanzani ho visto medici stressati, affaticati da turni su turni. I tagli alla sanità hanno indebolito la capacità di resistere”.
Sui tagli al welfare. “Gli scienziati dicono che nel mondo altre pandemie arriveranno e se noi concepiamo il welfare come un lusso saremo ogni volta in questa situazione. Le persone sono scisse tra sentimento e ragione, io sono politicamente e culturalmente un anti-liberista, ho sempre combattuto il neoliberismo, ho sostenuto il welfare. Accanto al sentimento di paura, di scoramento che questa situazione mi può provocare, cerco sempre di trovare una soluzione, indicare delle strade. Il primo dovere, in situazioni come queste, è proteggere le persone più deboli, credo sia giusto non porsi tutti questi problemi sulla cassa integrazione, in questi momenti le persone deboli vanno protette. Contemporaneamente, impedire che ci siano i licenziamenti è una cosa giusta, così come dare soldi a coloro che sono costretti a chiudere la loro attività. Io sono per le restrizioni. Meglio pagare un prezzo subito, che correre il rischio che si vada fuori controllo”.