I fatti in sintesi: un nostro connazionale, con doppia cittadinanza italiana ed inglese, dopo aver interrotto i suoi rapporti di lavoro in Italia nell’ottobre del 2017 si era trasferito a Londra nel gennaio del 2018 dove aveva iniziato un rapporto di lavoro e dove, sempre nel gennaio del 2018, aveva presentato, in maniera tempestiva e puntuale, domanda di iscrizione all’AIRE al Consolato generale di Londra. La sua richiesta di essere considerato residente in Gran Bretagna per tutto l’anno 2018 (in relazione ai suoi adempimenti fiscali) è stata però respinta dall’Agenzia delle Entrate per il semplice fatto che la domanda di iscrizione all’AIRE è stata inviata dal Consolato generale di Londra all’ufficiale di anagrafe in Italia (e quindi registrata) solo nel luglio 2018 e cioè con ben sei mesi di ritardo.
A causa di questo ritardo, certamente non imputabile al nostro connazionale, nella registrazione dell’iscrizione all’AIRE, e conseguentemente della tardiva cancellazione del nostro connazionale dalla Anagrafe della popolazione residente in Italia, l’Agenzia delle Entrate ha fatto decorrere l’iscrizione all’AIRE dal 4 luglio 2018 decretando così la sua residenza fiscale in Italia per tutto il 2018 (iscrizione presso le anagrafi della popolazione residente per più di 183 giorni) con l’obbligo di dichiarare in Italia tutti i redditi percepiti (principio della Worldwide taxation), ai fini IRPEF e relative addizionali e comunali, nonché ai fini IVIE per l’immobile posseduto nel Regno Unito.
Su questo intervengono gli onorevoli del Pd eletti in Europa, Ungaro, Garavini e Schiro, che in una nota congiunta dichiarano: “Crediamo sia ingiusto ed errato, anche tecnicamente, che i nostri connazionali siano così gravemente penalizzati per un ritardo nei propri adempimenti da parte di una struttura dello Stato (in questo caso il Consolato italiano di Londra)”.
Dunque, “per chiedere una interpretazione giusta e congrua della normativa sulla residenza fiscale e per contestare la decisione dell’Agenzia delle Entrate di considerare residente fiscalmente in Italia un nostro connazionale (e chissà quanti altri come lui) trasferitosi in Gran Bretagna per lavoro, abbiamo presentato una interrogazione al Ministro dell’Economia e delle Finanze”.
“Con la nostra interrogazione – proseguono i dem – abbiamo chiesto al Ministro dell’Economia e delle Finanze di intervenire per indurre l’Agenzia delle Entrate a rivedere la propria decisione anche in virtù del fatto che, modificando la precedente normativa, l’articolo 16, comma 3, del decreto legge 25 marzo 2019, n. 22, convertito ed entrato in vigore definitivamente, prevede che gli effetti della dichiarazione relativa al trasferimento della residenza da un comune italiano all’estero, resa all’ufficio consolare competente, decorra dalla data di presentazione. Purtroppo la nuova legge non si applica ai casi pregressi. Allora attendiamo fiduciosi che il MEF, con una interpretazione estensiva, accolga la nostra richiesta al fine di applicare, per una questione di logica, di giustizia e di parità di trattamento, anche ai casi pregressi la nuova normativa. Altrimenti dovremo intervenire legislativamente”.