Un accento spagnolo che arrotonda i ‘desiderata’ della politica nelle consultazioni al Quirinale. E’ risuonato ieri – scrive l’Adnkronos – nelle dichiarazioni alla stampa dal Quirinale dell’argentino Ricardo Merlo, Sottosegretario agli Esteri e leader del MAIE, alla quarta legislatura e ora membro del neonato gruppo senatoriale Europeisti-Maie-Cd.
Non è proprio una novità, visto che da quando con la legge Tremaglia ci sono gli eletti all’Estero, ne è passata acqua sotto i ponti. Nella scorsa legislatura, per esempio, la rappresentante dell’Usei, Renata Bueno, nata a Brasilia, sfoggiò un suggestivo accento portoghese a sostegno dell’incarico per Paolo Gentiloni.
E poi ci sono i fasti del senatore argentino Luigi Pallaro, nato in provincia di Padova ma vissuto a Buenos Aires (scomparso quasi un anno fa), che nella legislatura 2006-2008 tenne banco per la decisività del suo voto per la maggioranza del secondo governo Prodi, ‘vissuto’ male sul piano numerico a palazzo Madama e finito peggio in aula con fette di mortadella ‘aennina’ innaffiata con champagne.
Ma stavolta – si legge ancora sull’Adnkronos – nel caso di Merlo c’è l”upgrade’ quirinalizio da leader e forse fra i ‘king-maker’ del Conte ter (non da semplice esponente dell’esecutivo) che surclassa i corridoi rinascimentali di palazzo Madama o le algide geometrie della Farnesina.
Ed è così che alla nazione risuona dal Colle più alto l’accento risultato finora familiare principalmente per la voce del Papa venuto “dalla fine del mondo”.
L’eco spagnola debutta mediaticamente in uno dei momenti cruciali delle pluridecennali liturgie delle crisi di governo repubblicane. Non più solo la sfumatura francofona dell’Union Valdotaine (oggi non pervenuta nell’eloquio di Albert Lanièce) o il retrogusto teutonico della Sudtiroler Volkspartei: stavolta, c’è anche quello ‘ispanico’ di milioni di italo-argentini, oltre che di Borges (che di Babele si intendeva, ma era la “Biblioteca” e non la politica del Belpaese).