Le gravi carenze di fondi stanno ostacolando fortemente gli sforzi umanitari nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC) e oltre, lasciando migliaia di persone senza aiuti salvavita e spingendo una situazione umanitaria già disastrosa verso la catastrofe.
In meno di tre mesi, il numero di congolesi in fuga verso i Paesi limitrofi è salito a oltre 100.000.
Le ostilità in corso nella provincia del Nord Kivu, in particolare nei territori di Masisi e Walikale, insieme a una situazione di sicurezza estremamente instabile a Bukavu e nelle aree circostanti nella provincia del Sud Kivu, hanno costretto centinaia di migliaia di civili a fuggire.
Nella città di Goma e nei suoi dintorni, nel Nord Kivu, i siti che in precedenza ospitavano 400.000 sfollati interni sono stati tutti distrutti, lasciando le famiglie bloccate senza un riparo o protezione.
A causa dei tagli ai finanziamenti, i partner umanitari stanno lottando per ricostruire i rifugi, lasciando gli sfollati con poche opzioni per la sopravvivenza.
Da gennaio, più di 40.000 sfollati provenienti dal Nord e dal Sud Kivu sono arrivati a Kalemie, nella vicina provincia di Tanganyika, dopo aver affrontato viaggi pericolosi di 700 chilometri attraverso laghi e zone di conflitto.
Tra loro ci sono giovani in fuga dall’arruolamento forzato in gruppi armati e donne e bambini separati dalle loro famiglie nel caos della fuga.
I pericoli del viaggio hanno causato numerose tragedie, con il rovesciamento di imbarcazioni sovraffollate e fragili, spesso l’unico mezzo per attraversare vasti corsi d’acqua.
I vincoli finanziari hanno reso quasi impossibile un’adeguata risposta all’emergenza da parte dell’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, della società civile e dei governi locali, ostacolando la costruzione di rifugi e la distribuzione di beni di prima necessità come coperte, zanzariere, materiale per le mestruazioni e sapone.
Il congelamento dei fondi ha impedito il rifornimento delle scorte di emergenza dell’UNHCR a Kalemie, lasciando solo 147 coperte disponibili per gli sfollati.
La situazione nei vicini Uganda e Burundi è quasi altrettanto disastrosa. Più di 28.000 rifugiati congolesi hanno attraversato l’Uganda da gennaio di quest’anno – un aumento del 500% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso – e si prevede che altre 10.000 persone arriveranno entro la fine di questo mese. I nuovi arrivati raccontano di una fuga disperata dal conflitto e dalle orribili violazioni dei diritti umani.
La maggior parte dei centri di accoglienza e transito in Uganda ospita attualmente un numero di persone sette volte superiore alla propria capacità e non dispone di acqua, servizi igienici e ripari sufficienti. I tagli ai fondi hanno messo in estrema difficoltà i centri sanitari e la malnutrizione infantile è aumentata a causa della chiusura dei centri di alimentazione nelle aree che ospitano i nuovi arrivati.
Nel comune di Rugombo, in Burundi, che ospita la maggior parte dei 68.000 rifugiati arrivati nel Paese da febbraio, l’inadeguatezza delle strutture igienico-sanitarie e il sovraffollamento all’interno e intorno allo stadio in cui le persone si sono rifugiate, oltre alla limitata assistenza sanitaria, hanno provocato almeno otto casi sospetti di colera. Senza maggiori finanziamenti per aumentare i servizi sanitari, c’è un rischio significativo di ulteriore diffusione della malattia. Un nuovo sito per ospitare i rifugiati in arrivo è già al di sopra della sua capacità.
La crisi continua dei finanziamenti ha portato alla carenza di cibo per i nuovi arrivati. Sono sotto pressione anche i servizi per i rifugiati con ulteriori esigenze di protezione, compresi gli oltre 400 bambini non accompagnati e separati e i sopravvissuti a violenze sessuali.
Siamo grati ai donatori che si sono impegnati a sostenere l’UNHCR e i suoi partner affinché possano intensificare gli sforzi di risposta nella RDC e nei Paesi limitrofi, ma i bisogni crescenti superano di gran lunga le risorse disponibili.