Tutti i nodi vengono al pettine. Da anni la Confsal Unsa denuncia la grande confusione in essere al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale in ambito di tipologie contrattuali stratificatesi negli anni per il personale assunto all’estero e, in particolar modo, nei vari Paesi dell’UE.
Nei consolati, ambasciate e istituti di cultura italiani prestano servizio i cosiddetti “impiegati a contratto”, che, a fine mese, si trovano a pagare oneri previdenziali diversi a seconda del contratto che l’amministrazione centrale ha voluto stipulare con i medesimi.
Alcuni sono assicurati INPS da decenni, altri pagano i contributi in loco e altri ancora versano quote assicurative per prestazioni che in Italia sono del tutto sconosciute.
Ora, e comunque dopo 9 anni di avvertimenti da parte di Bruxelles durante i quali il Sindacato CONFSAL UNSA non ha mai smesso di attirare l’attenzione sulla problematica, ci ha pensato l’Unione Europea a confrontare la Farnesina con il problema, avvisando che nel 2020 entreranno in vigore le nuove norme di sicurezza sociale (Reg. UE 883) valide per tutti i Paesi dell’Unione (il regolamento include anche la Svizzera), che prevedono il pagamento della previdenza in loco e non più all’INPS.
Il problema è che una buona quota degli stipendi pagati attualmente dal MAECI, poiché stipulati prima del 2010, sono assoggettati da decenni alla previdenza italiana con oneri sociali a carico del datore di lavoro e del lavoratore, di gran lunga inferiori a quelli in essere nei paesi UE. Con la nuova regola europea e in assenza di una deroga da contrattare Paese per Paese, cambierà dunque il trattamento previdenziale come pure la busta paga dei lavoratori nonché i costi del lavoro a carico del MAECI. E il cambiamento è – presto detto – in peggio!
Ma il problema non è nuovo! La Farnesina, già nel 2014, prendeva atto del cambiamento segnalato con grande preoccupazione dalla Confsal Unsa, il Sindacato che rappresenta la stragrande maggioranza di questa categoria di lavoratori.
Da Roma partiva quindi la sollecitazione alle nostre Rappresentanze diplomatiche sparse in Europa ad acquisire presso le Autorità locali valutazioni circa la possibilità di mantenimento del personale, che ne avesse fatto richiesta, all’interno del sistema sociale italiano, come pure ad acquisire indicazioni dagli stessi dipendenti circa la loro volontà di permanere, o meno, nel sistema previdenziale italiano.
I lavoratori coinvolti pendendo inequivocabilmente posizione, sottoscrissero l’opzione per il mantenimento del sistema previdenziale italiano. Trascorsi cinque anni di pauroso silenzio, l’impatto sembra essere ora inevitabile e… costoso per tutti, per i lavoratori ma ancor di più per il MAECI!
La CONFSAL UNSA ha chiesto alla Direzione del personale del MAECI di alzare immediatamente il livello di attenzione sulla problematica e di programmare nell’immediato incontri diretti con tutti i Ministeri del Lavoro dei Paesi dell’Unione (Svizzera inclusa) interessati.
La CONFSAL UNSA ha chiesto, inoltre, all’Amministrazione di incaricare in tempi rapidi gruppi di lavoro o funzionari esperti in materia presso il MAECI, per analizzare il problema nonché per sostenere sia la stessa Direzione del Personale sia le Sedi all’estero nell’attività di negoziazione e di individuazione di soluzioni – DEROGA, come previsto dall’articolo 16 del predetto Regolamento – anche caso per caso.
CONFSAL UNSA Coordinamento Esteri