Appena lasciato il Sacro Soglio si disse che l’emerito Papa Ratzinger non avrebbe aperto più la bocca. Quello che doveva dire l’aveva già detto in questi anni di Pontificato, molto più chiaramente di quanto molti autorevoli interpreti delle cose vaticane abbiano saputo percepire e rendere noto alle grandi masse. Egli per cause fisiche non poteva andare oltre, ma quel suo enorme bagaglio spirituale sarebbe stato senz’altro ripreso dal suo successore e portato avanti con ancora più forza ed illuminazione. Si affermò che così, il nuovo Papa avrebbe avuto più forza per continuare la sua opera, sapendo psicologicamente che “l’Emerito” sarebbe stato ancora vigile e presente, fornendo una ulteriore e maggiore potenza di realizzazione ante-mortem, al Grande Progetto di Evangelizzazione universale. Papa Ratzinger era debilitato fisicamente: sicuramente, però, aveva già predisposto – con l’aiuto dello Spirito Santo – un processo “in fieri” che sta trasformando e rifondando la Chiesa con il suo successore naturale Papa Francesco.
Il vero dilemma che ha perseguitato il Prete Ratzinger, lungo tutta la sua vita, è stata «l’alternativa tra potere umano e amore della Croce; tra una redenzione vista nel solo benessere materiale e una redenzione come opera di Dio». E’ stata una sferzata all’Istituto terreno della Chiesa, dal «volto deturpato», senza mezzi termini, denunciandone le divisioni e l’ipocrisia e invocandone nel contempo «la sua vera conversione». Ci rendemmo conto già nel 2009 che “quel Grande Papa era solo all’inizio della propria opera universale”. L’ateismo di Stato è stato vinto: restava quello più subdolo intellettuale che ispira una costante “involuzione teologica e devangelizzazione mondiale”. Questa esasperazione del concetto di universalizzazione sociale ed accettazione passiva di situazioni politiche aberranti nel nome del multiculturalismo riappacificante, che ha trasformato la Chiesa in una Onlus per scopi sociali o per rivoluzioni e liberazioni populiste, ha portato, inoltre, purtroppo, a dimenticarsi di un altro ruolo “obbligatorio” per un cristiano che è proprio l’evangelizzazione. Il Papa Emerito l’ha ribadito più volte: il cristianesimo non è un partito o un movimento con scopi sociali. Quando nell’ultimo Concistoro, egli stesso, ha voluto che i cardinali parlassero della nuova evangelizzazione richiamando i porporati allo spirito di servizio, richiamandoli tutti all’umiltà, l’allora arcivescovo di Buenos Aires, il gesuita Jorge Mario Bergoglio, affermò, con una affinità spirituale incredibilmente simile (che avrebbe potuto lasciar presagire qualche prosieguo nell’impegno pastorale) che i cardinali non possono essere agenti di una ONG, svolgere una attività, come una ONLUS indipendente, ma sono servitori del Signore, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo. Il cardinale deve entrare nella dinamica della differenza dei carismi e allo stesso tempo guardare all’unità della Chiesa. Un cardinale che non entri in questa dinamica, non può essere un cardinale secondo ciò che chiedeva Benedetto XVI (Ipse dixit).
Ecco che quando si disse che, combattendo il relativismo storico, il Papa Benedetto era solo all’inizio dell’Opera di evangelizzazione, sostenuta dall’apologetica – che ha come finalità la conquista delle anime -, sicuramente non si intendeva riferirsi ad un ciclo temporale legato alla permanenza fisica sul Sacro Soglio di Papa Ratzinger, ma quella missione bisognava intenderla spalmata in un arco di tempo indefinibile, iniziata dallo spirito innovatore dell’attuale Papa emerito. E’ stato Papa Ratzinger che ha prodotto la rivoluzione “Francesco”! E’ stato Papa Ratzinger che ha creato le basi di una attività ordinaria della Chiesa basata sulla “missione” tra parrocchia e quartiere. Papa Francesco continua: la chiesa non può essere più autoreferenziale; chiusa in se stessa, invecchia. L’Opera Ratzinger continua…
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