La contrapposizione fra i due schieramenti, da una parte i nostri deputati eletti all’estero e dall’altra i nostri senatori eletti oltre confine, ha determinato l’attuale situazione relativamente alle elezioni per il rinnovo dei Comites, a dimostrazione che la posta in gioco è veramente molto alta. Essa riguarda quasi sicuramente aspetti che vanno oltre la materia del contendere, che coinvolge interessi egemonici, elettorali ed altri. Non si tratterà certamente solo di due visioni diverse.
E’ il caso di ricordare che la maggior parte dei deputati si è schierata a favore del rinnovo immediato, mentre la totalità dei senatori ne auspica il rinvio. I più giovani deputati eletti all’estero, smaniosi di rinnovare, sulla scia delle smanie del nuovo governo, vorrebbero edificare sulle macerie di decenni di gestione insignificante, a tutti i costi, subito e in ogni modo. I senatori ritengono invece che i tempi siano tuttora prematuri e che pertanto sia il caso di rinviare nel tempo questo avvenimento.
L’emigrazione assiste quasi passivamente ai giochi di posizionamento strategico, di interesse, venendo tuttavia coinvolta emotivamente e invitata a partecipare alle nozze attraverso operazioni di sensibilizzazione esperite dai nostri eletti e dagli attivisti storici presenti sul territorio, che in questa circostanza sembrano presi da un frenetico attivismo: viaggi vari, incontri mirati con la collettività, azioni di sensibilizzazione, inviti, coinvolgimento della stampa, dibattiti, confronti…
Anche in questa circostanza, tuttavia, si vogliono individuare ed attribuire responsabilità ed errori in primo luogo al governo Renzi. Esso avrà, anche in questa circostanza, le sue responsabilità, se non altro per aver licenziato il provvedimento in un modo quantomeno superficiale, ma è il caso di riconoscere che la responsabilità della situazione attuale va attribuita in primo luogo a tutti i nostri eletti all’estero, indistintamente, che non hanno favorito, a tempo debito, la nascita di una discussione seria e ponderata all’interno dei lavori parlamentari, che avrebbe evitato lo svilupparsi dell’attuale situazione a dir poco squallida e ridicola, i cui costi gravano sulla collettività.
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