Otto tonnellate di cocaina pronte ad invadere il mercato europeo ed italiano; una quantita’ tale da poter fare una striscia lunga mille chilometri e con un valore, una volta messa in commercio, di un miliardo e 600 milioni di euro. Ad impedire che le cosche della ‘ndrangheta rimpinguassero ulteriormente il loro gia’ florido giro illegale d’affari sono stati i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria-Gico di Catanzaro, che coordinati dalla Dda, hanno dato l’imbeccata giusta alla polizia colombiana affinche’ la droga venisse sequestrata prima ancora di partire dal centroamerica, intercettata quando era gia’ stoccata e nascosta in una piantagione di banane non distante dal porto colombiano di Turbo.
Il maxi sequestro di cocaina e’ stato possibile grazie all’indagine Stammer che stamani ha portato all’esecuzione di 44 provvedimenti di fermo (dieci sono i ricercati) eseguiti tra Calabria, Sicilia, Campania, Lazio, Toscana, Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia ed al sequestro di beni per 8 milioni di euro. Un’indagine avviata nel 2014 dopo uno scambio di informazioni tra la Direzione centrale per i servizi antidroga e la National Crime Agency inglese, allertata dalle forze di polizia colombiane su contatti emersi in altre inchieste tra cartelli colombiani ed organizzazioni criminali spagnole ed italiane.
Con un lavoro certosino, i finanzieri ed i magistrati della Dda di Catanzaro, guidati da Nicola Gratteri, hanno ricostruito ruoli e funzioni dei componenti dell’organizzazione di narcotrafficanti italiani riconducibili alle ‘ndrine del vibonese dei Fiare’, dei Pititto-Prostamo-Iannello del gruppo egemone su San Calogero, tutte organizzazioni satellite della piu’ potente cosca dei Mancuso di Limbadi, con la partecipazione delle piu’ note ‘ndrine della Piana di Gioia Tauro (Reggio Calabria) e della provincia di Crotone.
L’inchiesta ha confermato una volta di piu’ come la ‘ndrangheta, per usare le parole del procuratore Gratteri, “si dimostra monopolista assoluta del traffico di droga”. Infatti gli affiliati alle cosche potevano trattare da pari con i narcos colombiani ottenendo prezzi assolutamente di favore per enormi partite di cocaina che poi venivano fatte arrivare in Italia prevalentemente attraverso i porti di Gioia Tauro, Genova e Napoli per essere smerciata in tutta Europa. Anche mafia e camorra si rivolgevano alla ‘ndrangheta per la cessione dello stupefacente.
Le cosche, tra l’altro, potevano contare, per l’acquisto, non solo sui propri capitali, ma anche su liquidita’ consegnate da insospettabili che non disdegnavano di fare affari con gli ‘ndranghetisti con “puntate” per l’acquisto all’ingrosso della cocaina.
Un aiuto “involontario” agli investigatori e’ venuto da uno degli affiliati che, ignaro che i finanzieri avessero piazzato delle microspie a casa della fidanzata, ha riferito, indirettamente, particolari molto interessanti. Tra questi i progetti, poi non concretizzati, di trasportare la droga in aereo ed usare l’aeroporto di Lamezia Terme o nascondere la droga nel vano motore di una nave, di allagarlo e di ricorrere poi ai sommozzatori per il recupero.
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