Il cambio di Governo avvenuto questa estate rimescola le carte in tavola e riporta di attualità la questione cittadinanza e la possibilità di estensione della stessa a coloro che vivono in Italia ma non ne godono i benefici, superando di fatto l’attuale ius sanguinis.
La proposta che arriva dal Parlamento è quella dello ius culturae, ovvero la possibilità di ottenere la cittadinanza per i minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i 12 anni di età che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni e dopo superato almeno un ciclo scolastico.
Il dibattito sulla cittadinanza italiana apre le porte anche a coloro che discendono da italiani, vivono all’estero ma non hanno la cittadinanza del nostro Paese. Il 9 settembre il Premier Giuseppe Conte aveva dichiarato: “La legge sull’acquisto della cittadinanza italiana da parte di cittadini residenti all’estero che discendono da famiglie italiane appare meritevole di una revisione che, da una parte, valga a rimuovere alcuni profili di disciplina discriminatori e, dall’altra, valga a introdurre anche ulteriori criteri rispetto a quelli vigenti”.
In questo quadro già da giugno era iniziato l’iter in Commissione Affari costituzionali della Camera per la pdl 717/18 a firma di Renata Polverini, parlamentare di Forza Italia, sullo ius culturae, mentre giovedì 3 ottobre riprenderà la discussione della proposta di legge dell’Onorevole Laura Boldrini sullo ius soli. Nel testo dell’On. Polverini si legge: “l’acquisto della cittadinanza si configura pertanto come un diritto sottoposto a una condizione sospensiva, consistente nel compimento di un corso di istruzione che certifica l’avvenuta acquisizione delle conoscenze culturali e della formazione civica necessarie per una piena integrazione del giovane nella società italiana”.
Da parte loro i parlamentari e i politici italiani esprimono posizioni e motivazioni diverse. Lucio Malan, coordinatore di Forza Italia all’estero, a ItaliaChiamaItalia spiega: “Sono totalmente contrario allo ius culturae, è uno ius soli dai confini più incerti e molto più generosi. Uno straniero può usufruire di questo strumento approfittando del nostro sistema scolastico gratuito, quindi a spese nostre, e usufruire anche del nostro sistema sanitario che è prezioso e delicato. Contemporaneamente un italiano all’estero non ha diritto all’assistenza sanitaria in quel paese. La Polverini ha il diritto di presentare ogni testo di legge che vuole, ma la posizione di Forza Italia sul punto è questa”.
“La cittadinanza per i discendenti degli italiani all’estero è invece più complessa: non ci può essere una cittadinanza senza limiti. Tutti noi abbiamo antenati di varia nazionalità, un qualche limite ci deve essere, non possiamo estendere all’infinito”.
Il NO netto arriva anche dalla Lega. Per l’Onorevole Luis Lorenzato, eletto in Sud America, lo ius culturae è un “principio assurdo, il diritto alla cittadinanza, anche se passa dalla scuola, dovrebbe avvenire non prima di cinquant’anni”. “Se diamo agli stranieri il diritto di accedere alla nostra cultura – prosegue l’eletto all’estero a colloquio con Italiachiamaitalia.it – anche noi saremo costretti ad aprirci alla loro” mentre “tutti i discendenti di italiani, fin dal 1871, devono ricevere la cittadinanza italiana. La cittadinanza significa appartenenza familiare, DNA e cultura che ti arriva dalla famiglia”.
Nel centrosinistra le posizioni sono contrastanti. Se per Alessia Morani (PD) “i tempi non sono maturi”, l’Onorevole Angela Schirò, anche lei PD, nata in Germania ed eletta nella ripartizione Europa, a ItaliaChiamaItalia spiega: “Ho vissuto sulla mia pelle problematiche sulla cittadinanza. Un riconoscimento a livello legale sprona l’individuo a sentirsi integrato e sarà più disponibile a lavorare per la società”.
Dello stesso avviso Alessandro Fusacchia (+Europa), anche lui eletto in Europa: “Tutto quello che prevede un superamento del modello novecentesco di cittadinanza mi vede favorevole e non ci devono essere esitazioni. Questo paese ha bisogno di trasformare la diversità in ricchezza – spiega a ItaliaChiamaItalia -, possiamo farlo solo attraverso l’integrazione che significa anche riconoscimento di diritti e di accesso alle opportunità. Una cosa che non abbiamo ancora sfruttato è la cittadinanza europea nel pieno delle sue potenzialità, riempita di contenuti pensando a un superamento delle frontiere nazionali”.
“A proposito di estendere la cittadinanza ai discendenti italiani in giro per il mondo –conclude – devo dire che il concetto di cittadinanza ha creato qualche distorsione; ci sono molte persone che ne godono che a malapena sanno di essere italiani, non hanno legami con il Paese e hanno un legame atavico con l’Italia”.