On. Antonio Tajani
Vice Presidente del Consiglio dei Ministri
Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
Presidente del Consiglio Generale degli Italiani all’ Estero-CGIE
Santiago del Cile, 26 settembre 2024
Onorevole Ministro,
prendo spunto dal dibattito aperto sulla concessione della Cittadinanza Italiana nelle sue ‘’differenti modalità’’: Ius Soli, Ius Scholae e Ius Sanguinis e su questo le condivido alcune considerazioni che sono parte del mio prossimo editoriale sul periodico PRESENZA (Congregazione Scalabriniani). Qui mi limito alla questione dello Ius Sanguinis che è legata all’emigrazione italiana nel mondo.
Parto dal Cile, una delle terre più lontane, dove risiedo dal 1980 e dove, secondo i calcoli, la popolazione degli oriundi di origine italiana è stimata tra i 400 e 500mila. Un vasto bacino potenziale di italianità in un paese di 18 milioni di abitanti, in cui si riscontrano fenomeni di depressione demografica e denatalità. Gli attuali connazionali con doppia cittadinanza (italiana e cilena) già superano gli 80.000.
Frequentemente, mi trovo di fronte ad oriundi che chiedono informazioni per sapere come fare per accedere a questo ‘’potenziale diritto’’ anche quando sono passate diverse generazioni. Naturalmente le cose sono semplici quando i genitori registrano i figli presso il consolato prima dei 18 anni di età; ma come ben sappiamo cambiano nei casi in cui bisogna ricostruire l’albero genealogico di 2 – 3 – 4 e più generazioni.
Nella maggior parte dei casi i richiedenti, tutti di maggiore età, non posseggono competenza alcuna né nella lingua né nella cultura civica italiana.
Tutto ciò pone seri problemi in termini sia di depauperamento dell’italianità che di sovraccarico di lavoro e dispendio di energie e risorse nei consolati.
Per tali ragioni andrebbero seriamente riconsiderati i requisiti ed i meccanismi di riconoscimento della cittadinanza, più opportunamente legati alla conoscenza della lingua e della cultura civica, che possono essere conseguiti attraverso organismi certificatori formalmente riconosciuti, come già avviene nel caso della cittadinanza richiesta per matrimonio.
Sommessamente mi permetto, per l’alto senso di responsabilità e di civiltà di cui il tema necessita, di suggerire un emendamento all’attuale legge affinché la cittadinanza abbia opportuni limiti. In questo modo potremmo acquisire nuovi cittadini e nuovi votanti consapevoli, responsabili ed informati all’italianità.
Il requisito della lingua potrebbe essere un elemento da considerare anche in quei casi dove nonni o genitori sono stati costretti a rinunciare alla cittadinanza italiana per motivi di lavoro o di soggiorno nelle terre di emigrazione.
Il diritto di recupero in molti casi di prime e seconde generazioni andrebbe adeguatamente considerato come un ‘’atto di benevolenza‘’ anche perché la linea Ius Sanguinis in questi casi si è vista interrotta non per una libera scelta del connazionale. Per questi casi, una modifica della legge potrebbe farsene carico con la condizione di compiere con il requisito certificato, della conoscenza della lingua italiana come un principio fondante della cittadinanza italiana.
All’interno del nostro CGIE (sono alla seconda consiliatura) vedo che il tentativo di trovare una disciplina sul contenuto dei diritti e doveri che deve avere la cittadinanza per i nati all’estero stenta ad affermarsi. Il fenomeno senza dubbi va disciplinato.
Ecco Sig. Ministro, questa nota vuole essere segno di stima e di sostegno alle sue ultime proposte sul tema della cittadinanza italiana, globalmente considerata, certo che il suo impegno è volto a rendere più efficiente e moderna l’Italia nel mondo.
Con i saluti più cordiali,
Nello Gargiulo
Consigliere CGIE Cile