Si torna a parlare di cittadinanza italiana e questa volta il tema interessa in modo particolare gli italiani e gli italo-brasiliani del Brasile. Secondo l’interpretazione di una circolare emanata dal Ministero dell’Interno, con la Grande naturalizzazione brasiliana sarebbe stato introdotto un meccanismo di rinuncia automatica di cittadinanza per tutti i cittadini stranieri residenti in Brasile alla data del 15 novembre 1889. Ma questo pregiudica tanti nostri connazionali, costretti loro malgrado a rinunciare alla cittadinanza italiana, spesso senza neppure esserne consapevoli.
Per questo, il Sen. Ricardo Merlo, fondatore e presidente del MAIE – Movimento Associativo Italiani all’Estero, ha presentato un’interrogazione parlamentare con la quale chiede al Ministro dell’Interno “con quali motivazioni ha scelto linee interpretative meno favorevoli con riguardo all’ordine di trattazione delle pratiche di cittadinanza, in particolare per le domande di cittadinanza ius sanguinis che riguardano i discendenti di emigrati italiani interessati dalla cosiddetta Grande naturalizzazione brasiliana del 1889”.
Ecco qui di seguito il testo integrale dell’interrogazione.
Interrogazione a risposta scritta
Merlo – Al Ministro dell’Interno
Premesso che:
- Con la circolare n. 6497 datata 06/10/2021 il Ministero dell’Interno ha preso posizione e ha fornito agli Ufficiali di Stato Civile dei Comuni italiani le linee interpretative sulla questione del riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis a stranieri di ceppo italiano, come richiamate dalle due sentenze di merito citate nella medesima circolare;
- Nella suddetta circolare, sulla base di tali due sentenze emesse, tra le innumerevoli di senso contrario, dalla Corte di Appello di Roma, si stabilisce che – in base alla Grande naturalizzazione brasiliana del 1889 – nel caso di un cittadino italiano emigrato in Brasile a fine del XIX secolo, si configuri inequivocabilmente l’accettazione tacita dell’avvenuto acquisto della cittadinanza brasiliana e la contestuale rinuncia tacita a quella italiana alla luce dell’art. 11 del C.C del 1865.
- Nella sostanza, sulla base della giurisprudenza sopra citata, viene richiesto agli Ufficiali di Stato Civile dei Comuni italiani di stabilire un ordine di trattazione nelle domande di cittadinanza, dando priorità alla definizione delle pratiche di cittadinanza ius sanguinis nelle quali sia vantata discendenza da dante causa non interessato dalla Grande naturalizzazione brasiliana del 1889, lasciando le pratiche interessate dalla stessa alla trattazione ad un momento successivo determinandone una “sospensione”.
Considerato che:
- La c.d. “Grande Naturalizzazione” del 1889-1891, introdotta dal Governo provvisorio brasiliano e successivamente confermata nell’art. 69 dalla Costituzione Brasiliana del 1891, prevedeva che tutti gli stranieri di qualsiasi parte del mondo, presenti in territorio brasiliano alla data del 15/11/1889, giorno di proclamazione della Repubblica, avrebbero ottenuto la naturalizzazione automatica brasiliana a meno che non avessero manifestato entro sei mesi, dinanzi ai propri consolati, la volontà di permanere cittadini della nazione di origine.
- Per la dottrina e la comunità internazionale, il citato meccanismo di presunzione tacita del consenso, fu ritenuto del tutto privo di fondamento giuridico poiché contrario ai principi internazionali di libertà individuale.
- La giurisprudenza italiana, con riferimento alla c.d. Grande naturalizzazione brasiliana, ha ribadito che il diritto soggettivo permanente ed imprescrittibile dello stato di cittadino non può perdersi automaticamente in caso di mancato esercizio di una rinuncia espressa ad una cittadinanza imposta per naturalizzazione di massa da uno stato estero.
Ritenuto che:
- L’orientamento giurisprudenziale italiano è quasi del tutto univoco in senso opposto alle sentenze menzionate nella circolare (si veda a titolo informativo, la recentissima sentenza del 08/10/2021, Sezione I Civile, della stessa Corte di Appello di Roma, successiva a quelle oggetto della citata circolare, la quale sul medesimo argomento, ritiene che la perdita di cittadinanza in base al Codice Civile del 1865, potesse avvenire solo sulla base di un esplicito atto d’impulso del cittadino italiano e non per decreto generale del Paese “ospitante”, come menzionato alle pagine 4 e 5 della sentenza);
- Non è possibile provare che sia stata garantita la conoscibilità del decreto;
- In sostanza, il provvedimento e’ da considerarsi illegittimo (a sostegno della propria tesi la Corte di Appello richiama inoltre una sentenza della Corte di Cassazione di Napoli del 05/10/1907, dove si affermava, tra altro che: “il difetto di dichiarazione contraria all’accettazione della cittadinanza brasiliana non pure riusciva inefficace a provare la rinunzia alla nazionalità d’origine, ma violava altresì la libertà della scelta, in quanto vincolano alla forma negativa del silenzio l’espressione positiva di voler abbandonare l’antica cittadinanza ed acquistarne una nuova”).
- Appare non del tutto aderente ai principi alla base del procedimento amministrativo l’adozione di un provvedimento di “sospensione” sine die delle decisioni in merito alle richieste di cittadinanza “ius sanguinis” che rientrano nella casistica della circolare.
Si chiede di sapere:
1- Visto che la giurisprudenza sull’argomento risulta quasi del tutto univoca in senso opposto al tenore della circolare, con quali motivazioni il Ministro in indirizzo ha scelto linee interpretative meno favorevoli con riguardo all’ordine di trattazione delle pratiche di cittadinanza, in particolare per le domande di cittadinanza ius sanguinis che riguardano i discendenti di emigrati italiani interessati dalla cosiddetta Grande naturalizzazione brasiliana del 1889.
2- Se il Ministro in indirizzo intenda riconsiderare la propria posizione con riferimento all’ordine di trattazione delle pratiche di cittadinanza ius sanguinis.
MERLO Ricardo Antonio