Noi italiani all’estero siamo legati alla nostra nazionalità più di quanto sembrino esserlo tanti connazionali residenti nel Bel Paese. Certo, non possiamo asserire di essere superiori. Tutt’altro, molti eventi recenti ci fanno piuttosto dubitare della collocazione degli italiani in un’ideale classifica mondiale. Ciò premesso, e dobbiamo dirlo a chiare lettere, il partito che voterà per introdurre in Italia lo “ius soli” non avrà più i nostri voti. Lo “ius sanguinis” è stato saggiamente previsto nella nostra Costituzione. Modificare il nostro ordinamento giuridico, introducendo lo ius soli, sarebbe il grimaldello per scardinare la nostra società. Le porte verrebbero aperte, e coloro che italiani di origine non sono, in un futuro non molto lontano, sarebbero maggioranza e comanderebbero in Italia.
Chi nasce in Italia da genitori non italiani, già dispone dei meccanismi per acquisire la nostra cittadinanza. Si richiedono requisiti che sono restrittivi, ma non iniqui. Dieci anni di residenza legale e dimostrare una “integrazione nel tessuto sociale e civile nazionale”, non sono un’ingiustizia, né un sopruso. Anche perchè abbiamo sotto gli occhi gli esempi di stranieri in Italia da decenni, che l’italiano lo parlano molto stentatamente, e che condividono ben poco, o nulla, degli usi e costumi italiani.
La neoministra per l’Integrazione Cécile Kyenge è arrivata in Italia a diciannove anni, è stata ammessa in una università italiana ed ha potuto laurearsi in medicina. Quindi è un ottimo esempio di come in Italia esistano molte facilità per gli extracomunitari. Perchè, al contrario, ci sono ragazze figlie di italiani all’estero, italiane a tutti gli effetti, che non hanno la stessa fortuna. Quando infatti desiderano iscriversi alla facoltà di medicina in Italia, incontrano molti ostacoli e nessuna agevolazione, e magari, come è accaduto, si trovano ad affrontare un esame con domande assurde, come indicare chi abbia vinto il festival di San Remo.
Veniamo a sapere che la neoministra ha partecipato a campagne intitolate “Lasciateci entrare” e “Giù le frontiere”. In realtà, se malauguratamente le frontiere andassero giù, l’Italia nel giro di una generazione cesserebbe di essere quella che conosciamo ed amiamo. Forse è quello che vogliono alcuni. Noi siamo legittimamente contrari.
I nostri ministri e parlamentari, piuttosto che pensare in primo luogo agli extracomunitari (per nuovi arrivi dei quali, sia detto senza la minima offesa, non è che in Italia ci sia oggi una grande possibilità di accoglienza, nè posti di lavoro disponibili) farebbero bene a preoccuparsi maggiormente dei milioni di italiani all’estero, che sono i grandi consumatori dei prodotti italiani e i veri promotori dell’Italia e della nostra cultura nel mondo.
Cari connazionali, a chi per polemizzare vi rinfaccia l’epopea dell’emigrazione italiana negli Usa, in Brasile, in Argentina, o in Australia, occorre rispondere che è falso ed ingannevole equiparare situazioni totalmente diverse. Noi siamo emigrati verso Paesi di grande estensione, sotto popolati, ricchi di risorse naturali, e che di noi avevano reale necessità. L’Italia al contrario ha un territorio piccolo e già sovrappopolato, non dispone di risorse naturali, e sta attraversando la peggior crisi economica e sociale degli ultimi sessant’anni.
L’introduzione in Italia dello ius soli, effettuata senza chiedere il parere degli italiani, favorirebbe una nuova grande ondata di immigrazione, la quale, invece di facilitare l’integrazione di chi c’è già, porterebbe a prevedibili contrapposizioni politiche e sociali. A coloro che rivolgono accuse di razzismo a chi si oppone allo ius soli, rispondiamo che gli scriteriati sono loro, che in buona o cattiva fede, per nobili ma erronei ideali o per nascosti interessi, potrebbero portare a uno sconvolgimento della società italiana e forse condurla all’annichilazione.
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