Dopo l’approvazione del decreto che riguarda il cosiddetto “pacchetto cittadinanza”, fortemente voluto dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e votato all’unanimità nei giorni scorsi dal Consiglio dei ministri, è caos tra le comunità italiane nel mondo. Gli italiani all’estero, e i loro discendenti, ancora non hanno capito fino in fondo come sarebbero cambiate le regole e da quando dovrebbero essere valide queste nuove norme.
In attesa che il Parlamento – eletti all’estero compresi – faccia il suo mestiere, ovvero quello di rendere più equilibrata una riforma che ad onor del vero è davvero drastica dal punto di vista dello ius sanguinis, le diverse forze politiche del centrodestra stanno affrontando anche il tema del voto all’estero, annoso problema – e noi di ItaliaChiamaItalia lo sappiamo molto bene.
Non c’è dubbio: il meccanismo con cui votano dal 2006 gli italiani nel mondo fa acqua da tutte le parti. Nessuno ha mai avuto il coraggio di metterci le mani (vale la stessa cosa del resto per quanto riguarda la cittadinanza).
Dunque, mentre (quasi) tutti gli eletti all’estero sulle agenzie si mettono a piangere a causa della riforma Tajani (lacrime di coccodrillo: cos’hanno e cosa avevano fatto finora per cambiare le cose? Niente. Una cosa è certa: la cittadinanza ius sanguinis così com’è non regge più); e mentre sui social tutti si schierano contro un governo che non dà dignità “a chi l’Italia ce l’ha nel sangue”, l’esecutivo Meloni ha trovato il coraggio di mettere mano a due temi – cittadinanza e voto all’estero, appunto – che nessuno aveva mai avuto gli attributi di affrontare.
Se per quanto riguarda la cittadinanza ius sanguinis c’è un decreto del governo, sul voto all’estero finora si raccolgono solo indiscrezioni dalla stampa. Abbiamo letto infatti nei giorni scorsi, sui giornaloni italiani, che il centrodestra starebbe lavorando per rivedere il meccanismo con cui votano i nostri connazionali oltre confine.
Diverse sarebbero le ipotesi sul tavolo, dall’abolizione del voto per posta (i cittadini per votare dovrebbero quindi recarsi ai seggi installati presso Ambasciate e Consolati) fino all’inversione dell’opzione, ovvero al registro degli elettori: non basterebbe più dunque l’iscrizione all’AIRE, ma bisognerebbe manifestare in maniera esplicita la propria volontà di votare.
Basterebbe questa seconda opzione, a nostro modo di vedere, per evitare che decine, centinaia di migliaia di schede elettorali venissero rubate o in qualche modo sottratte ai legittimi destinatari.
Si eviterebbero tutte le cose che conosciamo e che come giornale abbiamo sempre raccontato: morti sepolti che votano, centinaia di schede elettorali votate dalla stessa mano, fotocopiate, stampate grazie ad accordi con le tipografie, rubate con la connivenza delle poste locali. E chi più ne ha più ne metta. Per non parlare del ruolo che giocano i patronati, che di fatto sono tutti di sinistra, ad ogni elezione: al limite della legalità.
Ricordiamo bene la conferenza stampa dopo le ultime elezioni politiche, a cui parteciparono Pd, MAIE e centrodestra: c’era stato lo scandalo delle schede votate USEI. Ebbene, tutte le forze politiche presenti promisero allora che all’inizio di questa legislatura si sarebbero date da fare per mettere in sicurezza il voto all’estero. Cos’hanno fatto? Niente. Passi in avanti? Nessuno. E allora?
Allora ben venga l’iniziativa del governo Meloni in questo senso. Mentre tutti frignano e si disperano, noi di ItaliaChiamaItalia – che non apparteniamo a nessuno e non abbiamo padroni – abbiamo la nostra visione: la riforma della cittadinanza ius sanguinis è necessaria, anche se il metodo usato da Tajani è sbagliato, come è sbagliato – almeno in parte – il contenuto del decreto. Troppo penalizzante per i nostri discendenti. Soprattutto se pensiamo che il segretario di Forza Italia spinge anche sullo Ius Italiae, ovvero sulla riforma che vorrebbe dare la cittadinanza facile agli immigrati. Ma com’è possibile? Non ha alcun senso.
E’ anche vero, altresì, che è ora di finirla con il mercato delle cittadinanze, con quegli italiani che dell’Italia e della nostra lingua e della nostra cultura non conoscono un fico secco. E di certo è ora di dire basta, per sempre, a un meccanismo di voto all’estero vergognoso.
La sintesi va trovata in Parlamento. L’augurio è che il decreto fortemente voluto dal segretario di Forza Italia, e che come prima firma porta quella di Giorgia Meloni, non venga annacquato – bene limitare i danni, ma non cancellarne il senso – dal Palazzo. Quel decreto va migliorato, senza dimenticarsi che l’emigrazione italiana fa parte della Storia del nostro Paese.
Allo stesso tempo, ci auguriamo che il governo sulla riforma del voto all’estero faccia sul serio, inserendo una volta per tutte quei correttivi più che mai necessari a rendere il voto degli italiani nel mondo sicuro e trasparente.