Vedo in giro per le strade del Nord Italia tante, forse troppe donne con il velo islamico. Oggi addirittura una donna con il burqa (il velo integrale) a Busto Arsizio! Mi sembra una prova del dilagare del comunitarismo nel nostro Paese. In assenza di una normativa che regoli l’uso dei simboli religiosi ostentatori nei luoghi pubblici, vorrei ribadire ciò che penso da anni alla luce anche della mia ventennale esperienza francese. Per avere una buona integrazione dobbiamo dire chiaramente che non vogliamo l’Islam in Italia, ma che siamo disposti a tollerare semmai un Islam repubblicano regolato per legge (no al burqa, no al velo nei luoghi pubblici, registro degli iman, controllo del finanziamento delle moschee, controllo sulla macellazione rituale…) compatibile con la nostra cultura, i nostri valori le nostre leggi.
In Italia si deve rispettare la parità tra uomo e donna, l’Italia non ammette la poligamia (vale per i ricongiungimenti familiari), l’infibulazione. In Italia non ci devono essere piscine separate per uomini e donne e nelle mense scolastiche ci devono essere gli stessi menù per tutti i bambini della Repubblica Italiana. In Italia un uomo non deve impedire alla propria moglie di ricevere cure mediche da un medico di sesso maschile. L’Italia come la Francia dovrebbe fare una legge per vietare l’uso del burqa in quanto segno di sottomissione e di umiliazione delle donne. La strada per una buona integrazione è tutta in salita e il ministro Kyenge mi sembra partito con il piede sbagliato. In questo contesto parlare di ius soli mi sembra un po’ prematuro.
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