“È inutile istituire con una delibera di Giunta una tariffa per le ricerche archivistiche degli antenati italiani di cittadini brasiliani. Questa non è una materia di competenza degli enti locali, perciò i costi per i Diritti di ricerca, stabiliti dal Comune di Soave, sono del tutto illegittimi”. Lo afferma, dalle pagine de L’Arena, l’avvocato veronese Bruno Troya, specializzato nei processi per il riconoscimento in via giudiziale della cittadinanza italiana jure sanguinis.
Dopo l’allarme lanciato dai sindaci e dai responsabili degli uffici Anagrafe di piccoli Comuni della Bassa veronese per la mole di lavoro che comporta l’aumento esponenziale delle richieste di riconoscimento della cittadinanza italiana per linea di sangue, in particolare da parte di famiglie residenti in Brasile, Troya giudica non regolare la tariffa istituita da Matteo Pressi per ricostruire la genealogia di un discendente di emigranti italiani.
Il cosiddetto “Diritto di ricerca”, in vigore da un anno a Soave, stabilisce che il richiedente debba corrispondere al Comune 2.000 euro se l’ufficio Anagrafe deve ricostruire l’intera genealogia partendo solo dal nome dell’antenato, 1.000 euro per ricerche di atti con dati incompleti e 500 euro se la richiesta è più rapida, poiché corredata delle informazioni essenziali.
Visto che la legge ha definito una cifra irrisoria, stabilendo per ogni certificato le vecchie 10.000 lire (oggi 5,16 euro), l’avvocato ritiene corretta la battaglia delle amministrazioni comunali per “ottenere un aggiornamento della legge, con un adeguamento economico del servizio”.