Il mantra del cambiamento che per 14 mesi ha caratterizzato il primo governo Conte, alla fine ha prodotto un Parlamento schizofrenico e piazze rumorose ai limiti della violenza. Si e’ abusato del termine “demos” riferito al popolo, si e’ cavalcata la sfumatura negativa dell’altro termine “kratos” (potere) insito nella parola democrazia, connotandolo come forza di scontro tra due diverse visioni politiche.
L’alleanza tra forze non troppo dissimili puo’ aumentare le opportunita’ di riformare il Paese. La calendarizzazione per il prossimo 3 ottobre della discussione sullo ius culturae e’ il primo segnale di cambiamento che volge al meglio e certifica la volonta’ di progredire nella conquista dei diritti civili, superando la contrapposizione tra ius sanguinis e ius soli.
Acquisire il diritto alla cittadinanza dopo la conclusione positiva di un determinato ciclo di studi non significa regalare “italianità”, ma consentire a chi ha frequentato per anni la scuola italiana di sentirsi parte integrante della nostra società senza rinunciare alle sue radici e senza dimenticare la sua storia personale.
Un regolare percorso di studi è fattore di integrazione e di inclusione. E’ arrivato il momento di riconoscere il diritto alla cittadinanza come la soluzione piu’ adeguata a sostenere chi sceglie di entrare nella nostra comunita’.
Non regaliamo illusioni, semplicemente apriamo le scuole del nostro Paese per formare una nuova generazione di giovani che hanno mostrato interesse per lo studio e per un futuro di dignita’ e di lavoro. Forse piu’ dei tanti che alimentano le statistiche dell’abbandono scolastico.