Venerdì scorso Gian Luigi Rondi ha lasciato la presidenza della Fondazione Cinema per Roma e del Festival Internazionale del Film di Roma dichiarando: “Dopo alcuni mesi in cui la manifestazione aveva sofferto di una quasi totale inattività a causa delle divergenze, tra le istituzioni che la gestiscono, sulla nomina di un nuovo direttore artistico, essendo scaduto lo scorso dicembre il mandato di Piera Detassis, avevo ritenuto necessario, visti gli inconvenienti causati da una situazione tanto insolita, di incontrarmi con il Sindaco di Roma Gianni Alemanno e con il Presidente della Regione Lazio Renata Polverini per precisare definitivamente il mio irrinunciabile punto di vista e cioè la riconferma per il prossimo quadriennio di Piera Detassis o, comunque, la proroga del suo mandato fino a novembre, in modo da poterle almeno far compiutamente realizzare l’edizione di quest’anno. La risposta era stata negativa perché, ancora una volta, decisamente a favore di un altro candidato. Preoccupato così, soprattutto per le sorti del Festival, minacciate nel suo futuro, non potendo contrastare ulteriormente due autorevoli componenti il collegio dei Soci Fondatori né, d’altro canto, tradire le mie ben radicate idee sul cinema, ho preferito adesso, sia pure con rammarico, rinunciare ai miei incarichi”. Oggi, sul Messaggero, Alemanno firma una lettera in cui vuole fare chiarezza e precisa che l’arrivo a Roma di Muller darà nuova forza e nuovo vigore al Festival.
E intanto circola il nome di Paolo Ferrari, ex del Movieplex Warner, quale futuro presidente della kermesse e giunge notizia di una lettera dai toni piuttosto minacciosi di Muller ad Amelio, perché non intralci, con Torino, la buona riuscita del Festival di Roma.
Su Repubblica Gianni Amelio ha scritto che, con una mail, Muller, peraltro non ancora nominato ufficialmente, gli ha comunicato le nuove date della manifestazione romana: dal 15 al 21 novembre, un giorno prima che inizi quella di Torino, creando di fatto una sovrapposizione non potrà che danneggiare il capoluogo piemontese, visto che si tratta di una festival a bassissimo budget.
Inoltre, Alemanno, con l’appoggio della Polverini, ha parlato anche di un Festival non più solo al Parco dei Principi, ma allargato ai Movieplex cittadini e alla Basilica di Massenzio. Intanto si apprende che il principale sponsor, la BNL, sta per ritirare la sua sovvenzione, che vi sono 1.300.000 euro di debiti pregressi e non si sa dove trovare i soldi per il 2012. Amelio ha fatto sapere di aver incontrato Muller: "Ci siamo visti brevemente, gli ho detto che mi trovavo nella condizione di dover prendere atto e basta, perché nella sua mail non c’era nessun punto interrogativo. Il comportamento era da prendere o lasciare, ma io non ho intenzione di subire". Per lui il festival della città di Torino "non merita questo disprezzo, questo atteggiamento di superiorità e di arroganza”. Ma è evidente che non ha capito che ha che fare con l’espressione di un duo arrogante per definizione e che nel disprezzo degli altri ha basato il suo credo. Ci meraviglia, invece, che un autentico signore come Marco Muller si stia prestando a tale gioco.
Ha scritto nella sua lunga lettera al Messaggero il sindaco di Roma, che dopo la nomina di Riccardo Muti a direttore onorario a vita del Teatro dell’Opera di Roma, quella di Gabriele Lavia a direttore artistico del Teatro Argentina, la conferma indiscussa di Antonio Pappano a direttore musicale della Fondazione di Santa Cecilia, con Marco Müller un’altra personalità di spicco viene ad arricchire il panorama creativo della cultura romana.
Sarà anche vero ma ciò che è certo è che i fatti e le dichiarazioni, come era accaduto con il pasticcio neve, dimostrano che l’ego che anima lui e la Polverini, la trucida che, pare, secondo l’Espresso, abbia ben investito in case (anche a Parigi) e box (anche a Roma) e che, nell’agosto scorso, si sia inventata una trovata per favorire i fratelli Anemone, Daniele e Diego, che ebbero una parentesi di notorietà con le vicende della cricca della Protezione civile e, ancora, Franco Caltagirone, l’imperatore capitolino del mattone ed editore del più grande quotidiano romano, Il Messaggero, e del Mattino di Napoli; la loro è soprattutto protervia senza limiti.
A proposto delle norme agostiane della Polverini, sembrano fatte apposta per gli onnipresenti Angelucci, i re delle cliniche, famiglia bipartisan da sempre, cioè inclini a fare affari con tutti, e innamorati della carta stampata, essendo stati contemporaneamente o di volta in volta editori di Libero, dell’Unità e del Riformista. Sulla qualità del piano a firma di Luciano Ciocchetti, un ex democristiano temprato da mille battaglie e infine accasatosi nell’Udc, dovrebbe vigilare la commissione regionale dell’Ambiente, ma, caso strano, a presiederla c’è non solo un altro Udc, ma pure uno per cui gli affari immobiliari sono la vita, Roberto Carlino, di professione venditore di case, un tizio noto a Roma per i rapporti con Caltagirone e la pubblicità martellante per strada e sui giornali.
Il 18 febbraio scorso, poi, la giunta della regione Lazio, ha deciso per la trasparenza sui guadagni dei suoi governanti, ma solo sei assessori su sedici hanno pubblicato il proprio reddito. Fra questi c’è anche quello del presidente, da cui si evince un’intensa e redditizia attività immobiliare, con l’ex sindacalista che si dichiara proprietaria di una casa a Parigi, un’altra recentemente acquistata a Monteverde, una nel perugino, tre box nell’Aventino, più uno o due appartamenti nella stessa zona e un’altra abitazione ex-Inpdap, all’Eur-Torrino. Naturalmente è sorta spontanea in molti la domanda su come mai, comunque, il marito continui ad occupare, in maniera praticamente abusiva, una casa pubblica dell’ATER (l’ente per l’edilizia residenziale di Roma), al canone agevolato di 400 euro in via Bramante a Roma. Fino ad ora nessuna risposta.
Per tornare alla festa del Cinema, resa degna e grande dai silurati Rondi e De Tassis, Alemanno ci parla di un nuovo Festival non stravolto, ma “allargato”, con una visione dell’attività della Fondazione che vada ben oltre l’organizzazione del Festival, per moltiplicare iniziative e attività più radicate nella città e contemporaneamente più aperte alle grandi produzioni del cinema internazionale. Insomma altri soldi, altri giri e un ben più cospicuo potere. Qualcosa di molto diverso dal cinema forma d’arte come l’intendono Rondi e, ormai, ben pochi altri.
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