Il caso del generale Roberto Vannacci ha scosso la politica. Egli ha scritto un libro nel quale ha riportato la sua posizione nei confronti di temi sensibili, come quello delle politiche LGBT e quello dell’immigrazione. Ciò ha fatto arrabbiare gli esponenti di un certo mainstream.
Faccio una piccola riflessione. In una democrazia solida e sana, la libertà d’opinione deve essere garantita.
Vannacci non ha diffamato nessuno. Non ha recato danno a nessuno. Egli non ha fatto altro che esprimere un’opinione, la quale può essere condivisa o meno. Altri personaggi, invece, hanno scritto di peggio, ma nessuno degli esponenti di quello stesso mainstream ha detto nulla, perché erano personaggi del medesimo orientamento politico.
Gli esponenti di quel mainstream sono democratici a fasi alterne: si spellano le mani a forza di applaudire di fronte a uno scrittore o a un intellettuale del loro stesso orientamento, mentre attaccano e mettono in moto la macchina del fango contro chi la pensa in modo diverso. Questi personaggi sono gli stessi che parlano di “pericolo di ritorno del fascismo“. Tant’è.
Vannacci ha espresso delle opinioni: possono essere condivise, discusse o contestate. Ma sempre di opinioni si tratta, ha tutto il diritto di esprimerle. Se ci fosse qualcosa di penalmente rilevante, come la calunnia o la diffamazione, ci sarebbe la legge. L’opinione non può diventare reato. La salute di una democrazia si vede anche in circostanze come queste.