Alberto Trentini, italiano di 45 anni, è ufficialmente nella lista degli attivisti dei diritti umani arrestati in Venezuela. Al momento il luogo di reclusione del cooperante di Venezia è invece classificato come “nd”, cioè “non determinato”, anche se c’è la possibilità che possa essere proprio il famigerato centro del Servizio bolivariano di intelligence nazionale a forma elicoidale che si trova nella capitale. In stato di fermo con l’accusa di essere legato agli oppositori di Nicolás Maduro e dunque un terrorista agli occhi del regime.
Ad ogni modo la formalizzazione del suo status di carcerato è l’imprescindibile base di partenza per la trattativa diplomatica.
“Ci è stato confermato che è detenuto, abbiamo chiesto che venga trattato nel rispetto delle regole e abbiamo chiesto una visita consolare” ha dichiarato il ministro Antonio Tajani.
Secondo le indiscrezioni trapelate, le autorità venezuelane sosterrebbero di aver trovato nel cellulare di Trentini la prova dei contatti con i rivoltosi, sotto forma di messaggi scambiati con la frangia “insurrezionalista” che starebbe operando per una destituzione violenta di Maduro.
In realtà si tratterebbe di una strumentalizzazione: il cooperante avrebbe solo condiviso, probabilmente nemmeno su profili pubblici bensì in una chat privata, alcuni post critici nei confronti del presidente e del suo governo.
Stando a quanto risulta alla Commissione interamericana dei diritti umani, comunque, dopo essere stato catturato con l’autista dell’ong Humanity&Inclusion al posto di blocco di Guasdalito, il veneziano sarebbe stato preso in consegna prima dal Servizio amministrativo di identificazione, emigrazione e immigrazione, poi dalla Direzione generale di controspionaggio militare, che l’avrebbe spostato a Caracas.
Il ministro degli Esteri ha rimarcato che “continua l’attività diplomatica senza clamore e polemiche, con la determinazione necessaria per raggiungere questo obiettivo, prima per verificare le condizioni di salute e poi fare in modo che possa essere liberato. Come abbiamo chiesto discrezione e moderazione per Piperno e Sala (Alessia e Cecilia, rimpatriate dall’Iran, ndr.), la chiediamo anche per questo caso”.
Nel frattempo venerdì 17 a Palazzo Chigi si è svolta una riunione dedicata alla situazione del connazionale Alberto Trentini, operatore umanitario detenuto in Venezuela, insieme ad altri sette cittadini italo-venezuelani recentemente arrestati.
All’incontro hanno preso parte il ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, i vertici dell’Intelligence e il capo della Polizia, Vittorio Pisani.
Il ministero degli Affari Esteri e l’ambasciata italiana a Caracas stanno seguendo il caso di Alberto Trentini con la massima attenzione fin dall’inizio, attivando tutti i canali possibili per garantire una soluzione positiva e tempestiva. Il governo ribadisce la necessità di mantenere la massima discrezione da parte della stampa al fine di favorire il buon esito della vicenda. Nel corso della riunione, il ministro Tajani ha avuto una conversazione telefonica con la madre di Alberto Trentini per esprimere vicinanza e rassicurarla sull’impegno delle istituzioni”.