Il caso della ministra Daniela Santanchè è spinoso per il Governo e per la maggioranza. A fronte di esso la gente si è divisa in colpevolisti e innocentisti. L’opposizione chiede le dimissioni della ministra, la quale non vuole dimettersi. Ora, una cosa deve essere chiara: finché non ci sarà una sentenza definitiva di condanna, la ministra Santanchè dovrà essere trattata come una presunta innocente. Il nostro ordinamento riconosce il principio di presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio. Certamente, la tempistica di quanto accaduto deve farci riflettere.
Questo caso è esploso quando il Governo stava portando avanti la riforma della giustizia. C’è una parte della magistratura che fa politica. Il caso Palamara ce lo ricorda. Ciò non depone in favore della magistratura, in fatto di credibilità riguardo alla sua terzietà rispetto alla politica. Tanti magistrati fanno il loro mestiere con dedizione e serietà e correttamente, ma i loro colleghi politicizzati non li aiutano, perché danneggiano tutta la loro categoria agli occhi della gente.
Oltre a ciò, sembra che i partiti di opposizione cerchino le condizioni per causare un “incidente” in Parlamento, così da portare il Governo ad una crisi e per fare sì che poi si possa arrivare alla formazione di un Governo tecnico. Questo è ciò a cui l’opposizione aspira.
I partiti di opposizione possono aspirare al governo solo in questo modo. Con il voto, il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle, la sinistra e il Terzo Polo non potranno mai governare. La gente non li vota. Essi sperano che la maggioranza si spacchi in Parlamento così da proporsi per un Governo tecnico. Questa è la classica tecnica del “divide et impera”. Il caso Santanchè potrebbe essere l’innesco di ciò? Una cosa del genere è possibile.