La “destra estremista” dietro un tentativo di colpo di Stato: è la linea tenuta dal presidente Nicolas Maduro all’indomani delle elezioni che lo hanno confermato alla guida del Venezuela ma che sono state contestate come irregolari dall’opposizione.
“Siamo stati testimoni di una serie di episodi, più di 100 attacchi terroristici violenti”, ha detto il presidente, citato dall’emittente Tele Sur. Migliaia di persone hanno dimostrato ieri nel centro di Caracas denunciando irregolarità e brogli elettorali.
Secondo alcune fonti, a sfilare sono state anche persone giunte da quartieri periferici, provenienti dalle montagne che abbracciano la capitale.
Stando a testimonianze concordanti, le forze di sicurezza hanno usato gas lacrimogeni e proiettili di gomma nel tentativo di allontanare i manifestanti dalla zona del palazzo presidenziale.
Secondo i risultati diffusi dalla Commissione elettorale nazionale, Maduro ha ottenuto oltre il 51 per cento dei consensi, a fronte del 44 per cento del suo principale sfidante, l’ex ambasciatore Edmundo Gonzalez Urrutia. Testimonianze condivise da Caracas con l’agenzia Dire indicano che questa notte, la mattina in Italia, nella capitale c’era un dispiegamento rafforzato di poliziotti e militari.
“Lungo la strada che collega il centro città con l’aeroporto”, ha riferito Luca Tatarelli, direttore del portale di informazione Report Difesa, “ci sono diversi punti di controllo presidiati da agenti e soldati”. Stando a questa testimonianza, blocchi eretti da dimostranti lungo l’arteria di comunicazione sono stati rimossi ieri “in poco tempo”.
Sempre ieri il governo ha annunciato la sospensione di alcuni collegamenti aerei, in particolare con Panama e la Repubblica dominicana, a partire da domani sera.
Le contestazioni dei risultati del voto hanno avuto il supporto di diversi Paesi, dagli Stati Uniti all’Europa, che hanno chiesto la pubblicazione dei dati relativi a tutte le circoscrizioni elettorali. Se il presidente argentino Javier Milei si è rifiutato di riconoscere la rielezione di Maduro, altri sei Stati latino-americani – Cile, Costa Rica, Panama, Perù, Repubblica dominicana e Uruguay – hanno richiamato in patria i propri ambasciatori.
Una decisione condannata dal ministro degli Esteri del Venezuela, Yvan Gil, che ha denunciato sui social network “azioni e dichiarazioni interventiste”.
Il Venezuela è guidato da governi di matrice “bolivariana” e socialista dal 1998, l’anno dell’elezione di Hugo Chavez. Sanzioni contro Caracas sono in vigore da tempo, anzitutto su impulso degli Stati Uniti, che denunciano violazioni dei diritti politici e civili. Tra le potenze che si sono congratulate con Maduro per la rielezione, invece, figurano Cina e Russia.
Particolarmente cauto il Brasile, potenza di riferimento in Sudamerica: in una nota diffusa ieri dall’ufficio del presidente Luiz Inacio Lula da Silva si chiede la diffusione completa dei risultati elettorali come “passo indispensabile per la trasparenza, la credibilità e la legittimità dei risultati elettorali”.