Mi vergogno di essere italiano quando costato una giustizia faziosa che rigetta la richiesta almeno dei “domiciliari” o del ricovero in ospedale per Marcello Dell’Utri, in galera ormai da 4 anni perchè condannato a 7 anni per “concorso esterno in associazione mafiosa”, reato fumoso e indimostrabile come pochi e che – per di più – è entrato nel codice penale anni dopo i fatti contestati all’imputato.
Dell’Utri ha ora 76 anni, è gravemente malato e sta morendo in carcere, perfino i periti medici della Procura (ovvero quelli dell’accusa, non solo quelli della difesa!) avevano sottolineato l’incompatibilità del regime carcerario per le condizioni critiche del detenuto.
Si fosse chiamato signor Paolo Rossi sarebbe fuori da tempo o forse non sarebbe mai neppure andato in galera, ma è un amico di Berlusconi, un ex dirigente di Forza Italia: è un “cattivo” – insomma – e quindi deve restare dentro fino alla morte.
Come non fare confronti con il caso di Ovidio Bompressi, condannato con sentenza definitiva passata in giudicato a 22 anni di reclusione per l’omicidio materiale a Milano del commissario Calabresi nel 1973, ma che fu prontamente graziato “per gravissimi motivi di salute” il 31 maggio 2006 dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano?
Bompressi stava così male che 11 anni dopo è ancora vivo e vegeto, anzi, proprio quest’anno è stato condannato a tre mesi di reclusione per aver pestato un vicino di casa.
Il caso Dell’Utri è una vergogna: è solo preconcetto giudiziario, certamente non è Giustizia e se il presidente Mattarella – capo supremo della Magistratura italiana – non interviene neppure stavolta si renderà complice morale di un omicidio.
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