Credo che Luigi Di Maio – che aveva sfidato Matteo Renzi in un dibattito TV e che poi, una volta stabilito, non ha più voluto farlo – abbia “sportivamente” sbagliato.
Peccato, perché forse avremmo ascoltato uno scontro vero, non solo il solito menu quotidiano, con Berlusconi che ripete il mantra del “Vogliamo un governo del fare e una vera rivoluzione liberale unendo i moderati”, dicendo da anni la stessa cosa come un disco rotto; Berlusconi seguito da un Matteo Renzi che nonostante la botta siciliana continua a spararle una più grossa dell’altra, come quando ha sostenuto che il PD “con me può arrivare al 40%”, oppure che “serve un fondo per i risparmiatori”, “vanno detratti i costi per le badanti”, oltre al consueto “abbiamo traghettato l’Italia fuori dalla crisi”. Tutto questo proprio nei giorni in cui l’UE ripete impietosamente che il nostro paese ha la più bassa crescita d’Europa.
Da Luigi Di Maio avremmo voluto insomma ascoltare proposte chiare, alternative, valide anche per capirlo meglio e vedere se abbia la stoffa da potenziale leader. Abbandonando il campo ha perso un’occasione, perché se il M5S vuole davvero essere il primo partito (ipotesi sempre meno probabile) ha il dovere di rintuzzare le accuse di demagogia e di replicare con proposte credibili e soprattutto con i fatti.
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