Gli hot dogs, lo street food per eccellenza a New York, e anche la carne in scatola, cosi’ come le piu’ nostrane salsicce, bresaola, affettato di tacchino/pollo, salame, lonza, coppa, mortadella, wurstel, sono carni trasformate che entrano oggi nella lista nera dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanita’. Secondo uno studio l’International Agency for Research on Cancer (Iarc) vanno inserite nel gruppo 1 per rischio cancerogeno, a pericolosita’ piu’ alta, come il fumo e il benzene.
Le carni lavorate, spiega l’Oms, includono le carni che sono state trasformate ”attraverso processi di salatura, polimerizzazione fermentazione, affumicatura, o sottoposte ad altri processi per aumentare il sapore o migliorare la conservazione”.
La maggior parte delle carni lavorate contiene maiale o manzo, ma le carni lavorate possono anche contemplare altri tipi di carni rosse, pollame, frattaglie o prodotti derivati dalla carne come il sangue. Esempi di carni lavorate includono dunque, avverte l’Oms, gli hot dogs, prosciutto, salsicce, carne in scatola, preparazioni e salse a base di carne. Meno a rischio invece, secondo lo studio Iarc, le carni rosse non lavorate, inserite fra le ‘probabilmente cancerogene’. Questa categoria, spiega l’Oms, ”si riferisce a tutti i tipi di carne di muscolo di mammifero, come ad esempio manzo, vitello, maiale, agnello, montone, cavallo e capra”.
Mentre le carni di qualsiasi specie che vengono semplicemente macinate prima di essere vendute al consumatore, benche’ con aggiunta di sale o pangrattato (es. hamburger) non sono carni trasformate; vengono bensi’ definite "preparazioni di carni", precisa Assocarni. E gli Italiani, sottolineano Assocarni e Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi), mangiano in media due volte la settimana 100 grammi di carne rossa (e non tutti i giorni) e solo 25 grammi al giorno di carne trasformata.
Un consumo, ricorda l’industria alimentare, che e’ meno della meta’ dei quantitativi individuati come potenzialmente a rischio cancerogeno dallo studio Iarc. Il consumo di carne degli italiani, osserva Coldiretti, con 78 chili a testa, e’ ben al di sotto degli Stati Uniti (125 chili pro-capite, o degli australiani con 120 chili, ma anche dei francesi con 87 chili a testa. Il valore del settore carni e salumi nazionale e’ circa 30 miliardi, includendo sia la parte agricola che quella industriale. Settori che danno lavoro a circa 125.000 persone a cui va aggiunto l’indotto.
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