Martini Carlo Maria era prima di tutto una brava persona, un semplice onesto uomo, un profondo studioso, dal comportamento aristocratico e signorile. Non credo che fosse quel mito esasperato del catto-comunismo che vorrebbero far credere “quelli di sinistra”. Non credo che il Cardinale fosse un ideologizzato progressista, come lo sono, invece, molti altri alti prelati che gridano in piazza o, peggio, in Chiesa, durante le loro omelie, inveendo dal sacro pulpito contro quel governo, contro tale sistema governativo, o contro tal altro politico che fa le orge.
Ho aspettato a scrivere d’impulso dopo la sua dipartita, proprio per vedere e sentire le quantità di asserzioni sparate da tutti quelli che hanno voluto evidenziare una frase profferta, un certo giorno, durante una certa intervista, dal “cardinale” nell’interno di un qualche discorso, estrapolarla e poi rivendersela come una tendenza generalizzata affine alle infinite varie posizioni settarie politico-religiose esistenti nel mercato italiano.
Ogni recensione televisiva si è aperta con l’affermazione che sia credenti, che non credenti, che esponenti di altre confessioni si sono recati a rendergli omaggio, durante la sua esposizione al Duomo di Milano. La cosa curiosa è che i primi nomi di personalità presenti in quella chiesa, immediatamente evidenziati dalle TV, appartengono tutti inesorabilmente al mondo laico culturalmente di sinistra e rigorosamente anticattolici dichiarati. Si è arrivati a dire, perfino, che Martini era il Cardinale dei non-credenti. Insomma, non parlava come un Cardinale normale che parla ai cattolici!
Questo dovuto al fatto sostanziale che, essendo un grande comunicatore a prescindere dalla tipologia culturale del proprio interlocutore, egli si prestava a tutti ed aveva una parola di conforto e di comprensione per tutti gli individui. Egli apparteneva, infatti, alla schiera di chi riesce a comunicare più facilmente, di chi è più simpatico, di chi ha più carisma, tanto da far sentire l’interlocutore a proprio agio, avendo la certezza di essere stato compreso e corrisposto nei propri bisogni e desideri…
Testimoniare, però, che siccome il Cardinale ha avuto comprensione, per esempio, per la situazione umanamente disagiata dei single e dei gay, fosse promotore di uno statuto pro single e gay, è un’aberrazione informatica, sulla quale giornali e opinion maker giocano per rendere interessante il contrasto presunto (ed alimentarlo) con il Vaticano. Secondo esempio di disinformazione: sull’accanimento terapeutico bloccato dal Cardinale: la Chiesa si espresse già da tempo sull’eventuale interruzione di somministrazione di medicinali, auspicando, anzi, un normale decorso di un fine vita, naturale. Ebbene i giornalisti mestatori abitudinari hanno voluto ingarbugliare le idee della gente, paragonando questa azione con quella dell’interruzione della vita, con morte procurata, che è un vero e proprio suicidio (tra l’altro ultimamente “compreso” ed accettato dalla Chiesa nelle sue forme più drammatiche). Altro esempio di esasperazione concettuale: Martini rilascia un’intervista nella quale denuncia errori commessi dal Vaticano in questi ultimi 200 anni. E’ una cosa che sanno tutti: anzi, io potrei dire che la Chiesa è indietro di 400 anni se si considera l’errore macroscopico perpetrato ai danni di Galileo (valutazione corretta da Giovanni Paolo II)). Ciò non vuol dire, però, che l’impianto universale della Chiesa e del cattolicesimo sia, nelle basi dottrinali su cui è stata edificata, deficitaria spiritualmente in qualche maniera. Come è stato riportato l’appunto critico di Martini dai mass media, pare che egli stesso parlasse come un “antipapa” – così definito da qualche bontempone – e volesse rivoluzionare tutto l’apparato ecclesiale…
Diciamo che il Cardinale parlasse sempre “per parlare”: cioè per discutere su di un problema irrisolto, esaminandolo da molti punti di vista, anche alternativi al di fuori della ufficialità dei canoni ecclesiastici … Non era insomma un ideologizzato fondamentalista della politica e della Cultura, ma forse dava un’apparenza di simpatia verso alcuni tabù della Chiesa con il solo fatto di parlarne. Lo si evince dalle risposte delle lettere sul “Corriere” in alcune delle quali mette in guardia proprio dalla ideologizzazione e mitizzazione di qualsiasi concetto. Ad una mia lettera nella quale (purtroppo sintetizzata all’estremo sviando il concetto base) inneggiavo a Papa Ratzinger, il quale è un fautore dell’utilizzazione dei metodi e regole scientifiche logico-deduttive in supporto perfino della religione, anche per cercare di svelare alcuni misteri trascendentali, egli mi rispose di “stare tutti con il Papa”, ma che non riteneva opportuno di “dimostrare” (scientificamente) la Trinità! La sua Fede e la sua “purezza d’anima” era immensa per la quale vigeva la regola dell’Omnia munda mundis, anche quando il suo pensiero andava a toccare, analizzare alcuni temi, la cui sola trattazione, significava per gli impegnati viscerali anche appartenenti a rinomate comunità cattoliche, stare contro la voce ufficiale del Papa.
Gli attenti esaminatori delle cose vaticane, come Alberto Felloni, invece, apprezzano alcuni desideri che il cardinale ha cercato di mettere in pratica: formare una Chiesa collegiale. Nel 1999, davanti al sinodo dei vescovi, Martini espresse il «sogno» di un concilio e di una forma di espressione conciliare della collegialità nella Chiesa cattolica. Per riguardo alle prerogative del pontefice, specifica Felloni, usò delle perifrasi: chiese un «confronto collegiale e autorevole tra tutti i vescovi su alcuni dei temi nodali». Ma era evidente che il «sogno» era un balzo innanzi verso una collegialità schietta, non ancora proponibile.
Non so, personalmente, se la Chiesa possa essere “collegiale” nelle modalità esplicitate in questi termini, visto che Cristo stesso disse a Pietro (che non era il migliore fra gli apostoli, visto che lo aveva rinnegato tre volte) “Tu sei Pietro e su questa Pietra edificherò la mia Chiesa”. Cristo, ricordo a Felloni, non ha detto, infatti: “Su Voi undici edificherò la mia chiesa collegiale!” che tra l’altro sarebbe stato più facile per propagandare la nuova dottrina in tutto il mondo di allora! Già sapeva (ovviamente) Cristo, che a decidere in questi termini deve essere uno alla volta. Tutti gli altri possono collaborare, suggerire, proporre, aggiornare, ma la decisione e la guida assoluta deve essere presa dal successore di Cristo e, solo, da lui: il Papa in autonomia di decisione. Altrimenti si mette in discussione, perdendosi nei meandri delle illazioni individuali, perfino il fondamento del Cristianesimo che si basa su quel comando impartito senza se e senza ma dall’Altissimo in persona che riconosce in Pietro il primo della sua successione! Religione che, come ribadito anche dal Papa Ratzinger, non ha finalità politiche rivoluzionarie (contro Roma), ma prospetta una rivelazione di vita trascendentale. Se Cristo avesse voluto dare un segno “forte” di ribellione “fisica” sarebbe bastato bruciare con il solo sguardo dalla Croce, tutti i “cattivi” di allora o mettersi al comando di qualche orda e distruggere i villaggi degli infedeli (come ha fatto qualche altro profeta in seguito)! Invece, Cristo, paradossalmente, disse di pagare le tasse ingiuste ai romani: “Date a Cesare ciò che è di Cesare” proprio col fine di evitare di far identificare le persone di Chiesa come sobillatori o capipopolo difensori delle beghe terrene. La cosa strana è che, ancor oggi, c’è bisogno di ricordarlo, specialmente a qualche alto prelato che vuole avere la parola in un collegio paritetico, proponendo – nientemeno – che nuovi partiti politici fatti di cattolici…
Buon viaggio, Carlo Maria Martini e prega per noi!
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