Possibili danni all’Erario e al ministero della Giustizia per la "attribuzione di incarichi a soggetti privati (che, in gran parte, potevano essere affidati a pubblici dipendenti a costo zero o a costi decisamente piu’ contenuti) con procedure che possono anche apparire non perfettamente in linea con le relative disposizioni normative". Danni "per l’Erario e per l’intero sistema penitenziario" a causa della "designazioni di autorita’ di gara e presidenti e componenti di alcune commissioni di gara che, a norma di legge e per giurisprudenza costante, potrebbero essere invalidate". "Scarsa attendibilita’ dei dati" forniti alle istituzioni, a partire da Parlamento, governo e potere giudiziario.
Sono pesanti le denunce che l’ex direttore generale della Direzione mezzi e servizi del Dap, Alfonso Sabella, affido’ nei mesi scorsi a un documento inoltrato ai vertici del Dipartimento amministrazione penitenziaria e trasmesso anche alla magistratura ordinaria, a quella contabile e al ministero dell’Economia. Un dossier di 60 pagine che ha uno snodo centrale: secondo la ricostruzione, i costi del piano carceri sarebbero stati gonfiati includendo opere che erano in carico al Dap e al ministero delle Infrastrutture; e il criterio del prezzo piu’ basso adottato per alcuni padiglioni mandati in gara ha prodotto "ribassi palesemente fuori mercato (oltre il 48% in media con una punta di quasi il 54%").
Quel dossier e’ stato uno degli elementi da cui e’ partita l’inchiesta della Procura di Roma sugli appalti del Dap e su possibili atti di corruzione. Nel documento Sabella, anch’egli magistrato, a lungo impegnato a Palermo in inchieste contro la mafia, prende le mosse da un’audizione che il commissario del piano carceri, prefetto Angelo Sinesio, oggi indagato, fece il 22 ottobre 2013 in commissione Giustizia alla Camera e la contesta duramente, confutandola punto per punto. A partire da uno, centrale.
Sinesio – riferisce Sabella – sostenne in quell’audizione che "il Piano carceri originario prevedeva anche completamenti di padiglioni gia’ avviati dall’Amministrazione penitenziaria e ristrutturazioni di istituti". "In realta’ – contesta invece Sabella – il Piano carceri originario non prevedeva nulla di cio’ ma i completamenti e le ristrutturazioni sono stati inseriti nel Piano, addirittura due anni dopo la dichiarazione dello stato di emergenza e ovvero il 31 gennaio 2012, dunque quando lo stesso Prefetto era, formalmente e sostanzialmente, il Commissario delegato". Probabilmente, si tratto’ di "un involontario errore del Prefetto", osserva Sabella, il quale riporta i dati sulla rimodulazione del piano, l’aumento dei posti e il taglio dei costi che Sinesio riferi’ in commissione. E si chiede, in sostanza, come sia possibile "una cosi’ consistente lievitazione di posti a risorse ridotte" dal momento che, a suo dire, nessuna logica progettuale diversa e nessun contenimento dei costi erano in realta’ stati introdotti.
"Bastava, molto piu’ semplicemente, dire la verita’ – conclude Sabella -: eccezion fatta per alcune ristrutturazioni, erano state intestate a Piano carceri opere, in concreto, progettate, realizzate e, ovviamente, pagate da Ministero delle Infrastrutture o Dap, cosi’ gonfiando, ma solo virtualmente, il numero dei posti che avrebbe formalmente realizzato il Commissario". E prima della rimodulazione del Piano "si prevedeva di realizzare, con 696,5 milioni di euro, 9.050 posti con un costo, per singolo nuovo posto, pari a 77 mila euro; dopo la, sostanzialmente fittizia, intestazione al Commissario di altri 4.600 posti realizzati con risorse altrui, il costo di un singolo posto di Piano carceri veniva a scendere ad appena 40 mila euro e, ovvero, a quasi la meta’". Un "miracolo", un’operazione di "matematica creativa", afferma Sabella.
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