C’è nell’aria odore di campagna promozionale per l’iscrizione all’AIRE (Anagrafe italiani residenti all’estero). Intanto la Meloni ha annunciato la multa per i transumanti che fanno orecchio da mercante. Qualcuno li critica. E Rai Italia si prodiga con esperti accattivanti che fanno notare sorridendo i vantaggi per i riottosi, se si allineassero. Insomma, cittadini ubbidienti, cittadini felici. O no?
Vediamo.
Quello che nessuno dice è che se si sceglie la fuga, deve essere totale. Nel senso che nel Belpaese non si deve più possedere neanche un vasetto di ciclamini, altrimenti ci si dibatte in un balletto di leggi normative regolamenti fatti a caso, senza filo logico, in contraddizione tra loro e avulsi dalla realtà.
Per esempio: se in Italia conservate anche solo una catapecchia (una cantina, un bugigattolo, la casa dei genitori) ecco il primo problema. Intanto la catapecchia ha bisogno di luce e gas, uguale bollette, uguale come pagarle da casa del diavolo dove state adesso, vabbè le paga la banca. No. Perché come residente all’estero non potete più avere il conto corrente normale nel Paese in cui comunque avete la cittadinanza, ma solo quello per “non residenti”. Che NON HA FACOLTA’ di pagare le bollette. Perché? Non si sa.
Se fate finta di niente siete già nell’illegalità: non sapete che cosa rischiate, ma qualcosa rischiate di sicuro.
Poi la casa di famiglia non è più considerata prima casa: adesso paga Imu, tassa rifiuti maggiorata (non si capisce perché) e anche la tassa sulla televisione, imbullonata furbescamente nella bolletta della luce.
Poi vi tolgono l’assistenza sanitaria, insomma siete in braghe di tela con la salute. E con l’assistenza sanitaria ovviamente vi tolgono anche la TESSERA SANITARIA.
Poi però ve la chiedono come unico documento valido obbligatorio e indispensabile per darvi lo Spid. Senza il quale non potete avere accesso a nessuna Istituzione, specialmente all’Inps, per esempio per controllare i versamenti o vedere la pensione nel dettaglio.
Idem per tutte le identificazioni di cui può aver bisogno il vostro computer, compresa la Pec.
E se qualcuno vi dice che ci sono strade alternative (passaporto o codice fiscale) non cadete nella trappola: non credeteci. Oppure toglietevi lo sfizio e provate. Poi fatemi sapere, così pubblichiamo l’avventura.
Ecco una piccola anticipazione del vostro diligente tentativo: suderete sul video per alcune ore, poi arriverete al punto in cui tutto si blocca con la risposta: ci vuole la tessera sanitaria. O almeno il certificato di ATTRIBUZIONE del codice fiscale. Occhio, non il codice fiscale, che è un’altra cosa. E non un certificato di attribuzione qualsiasi (per esempio quello cartaceo di una volta), ma quello elettronico. Che magari, dalla Terra del fuoco o dalla piattaforma petrolifera dove state adesso, non è così facile da produrre.
Però senza certificato di attribuzione elettronico, niente Spid. E senza Spid niente certificato.
Ma, dirà qualcuno, tutto questo serve a proteggere la privacy e la sicurezza informatica. Privacy?
Ecco l’avventura di Fabrizio D., fisioterapista milanese migrato in Thailandia l’anno scorso: qualcuno che aveva un sistemino elettronico nella tasca dei jeans gli è passato di fianco silenziosamente nel traffico e gli ha clonato la password del conto corrente on line. E gli ha spazzolato il conto a zero.
La polizia si è dichiarata impotente. Lui ora vive con l’aiuto degli amici. E adesso viene il bello.
Perché con l’Aire si dipende completamente dall’Ambasciata e dal Consolato. Per qualunque documento, certificazione, segnalazione, registrazione. Ambasciate e consolati sono perennemente e pesantemente sotto organico, lo Stato non eroga fondi sufficienti. Quindi, ogni minima necessità diventa un casino: passaporti che arrivano dopo sei mesi, file lunghe chilometri, appuntamenti a babbo morto, gente che arriva agli uffici la sera prima per avere un posto buono nella fila la mattina dopo, e dorme su una panchina all’aperto, ma tanto (in qualche paese) fa caldo.
E poi impiegati sotto pressione che alla fine diventano nervosi e confusi, genitori che sono riusciti a registrare il bambino quando ormai aveva due anni, e qualcuno ha registrato il matrimonio dopo il primo figlio.
Qualche giorno fa il Comites di Santo Domingo ha inviato al governo italiano un appello a intervenire urgentemente con risposte concrete. Destinatari: il sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli, il direttore generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie del Maeci
Luigi Maria Vignali, e altri sette interessati tra cui l’ambasciatore a Santo Domingo Stefano Queirolo Palmas. Il quale, per essere chiari, è tra i migliori, senza macchia, molto attivo, attento, molto amato dalla sua squadra. Ma nessuno può fare le nozze coi fichi secchi.
Ad ogni modo, qualche fico lo ha trovato. E’ di questi giorni la notizia clamorosa: l’Ambasciata di Santo Domingo annuncia che è iniziata la fase sperimentale della pratica per l’attribuzione della carta di identità elettronica. Alleluya, è festa grande. Ma poi, a guardar bene i requisiti richiesti dalla Farnesina non sono così chiari, sanno ancora di sgambetto burocratico e faranno sgranare gli occhi ai più (es. “atto di nascita trascritto al comune”: quale? da chi? e da richiedere dove?). Senza contare che per qualcuno già riuscire a entrare nel portale è un’impresa.
Comunque, a pensare negativo, diceva qualcuno, si fa peccato. Perciò sorridiamo speranzosi e proviamoci.
Tornando alla recente lettera di appello (la seconda, dopo un anno senza risposta dalla prima) si fa esplicito riferimento al problema dei passaporti.
“Va ricordato” cita il Comites “che senza un passaporto in corso di validità, siamo di fatto PRIGIONIERI del paese che ci ospita”.
E arriviamo alla situazione fiscale. La famosa casa dei genitori, ricordo di famiglia, genera l’obbligo di fare la dichiarazione dei redditi anche in Italia. E di dichiarare le proprietà nel Paese della nuova residenza. E di pagare le tasse in Italia anche su quelle.
Dulcis in fundo: per quanto riguarda il conto corrente nel nuovo paese, se supera i 5mila euro dovete segnalare la somma nella dichiarazione dei redditi italiana e portarla in tassazione.
Il commento della commercialista milanese Isabella Mainini, Odcec, mediatore civile e formatore EQF per la Regione Lombardia: “Imporre regole è facile, ma le istituzioni dovrebbero anche saperle applicare con coerenza. Bisogna ripensare completamente la regolamentazione. Così come stanno le cose, i cittadini Aire hanno diritti limitati e oneri illimitati. L’agenda digitale è stata presentata come un’occasione di modernizzazione del Paese, ma molti non hanno la dimestichezza necessaria con la tecnologia, soprattutto gli anziani. Ai quali, per inciso, non è giusto togliere l’assistenza sanitaria dopo che hanno lavorato e pagato i contributi per tutta la vita. E poi, pensare che la residenza all’estero sia sempre e soltanto una manovra elusiva non fa onore a uno Stato intelligente e di diritto democratico”.
Cara Giorgia, prima donna al potere esecutivo della Repubblica italiana e orgoglio della nostra categoria (le donne) fa vedere chi sei, prendi questo toro per le corna.