Venti migranti dispersi tra le onde di un Mediterraneo che nel corso del tempo per tanti sfortunati si è trasformato in una tomba; venti persone che si aggiungono ai trentamila morti inghiottiti in meno di vent’anni dal mare.
La tragedia di Capodanno rappresenta l’ennesimo disastro registrato a venti miglia dalle coste libiche.
Superstite, insieme ad altri sei migranti, un bimbo siriano di 8 anni, salvato dallo zio, mentre pure la madre andava via, spegnendo per sempre la speranza di cambiare vita per fuggire da guerra e fame.
Proprio i sopravvissuti al naufragio sono stati coloro che hanno raccontato l’odissea di una traversata affrontata su un barchino di 6 metri salpato da Zuwara in Libia alle 22 di lunedì e in avaria già due ore dopo mezzanotte.
Il natante che imbarca acqua e si inclina restando però a galla. Il panico, le grida, il terrore. Poi, per tanti di coloro che stavano affrontando il viaggio della speranza, la morte tra le onde del mare. L’anno nuovo per loro non è mai iniziato.