Giorgio Napolitano, citando Ralph Dahrendorf, e’ stato molto chiaro nel manifestare il timore di un collasso politico che travolgerebbe la posizione dell’Italia in Europa. Timore che muove certamente dallo scandalo dei fondi Pdl del Lazio ma che e’ alimentato anche dalla crescente frammentazione dei partiti: la ‘strana maggioranza’ mostra tutti i suoi limiti e il disegno bersaniano di andare a cercare l’alleanza di un Vendola desideroso di ‘capovolgere’ l’agenda Monti non puo’ che allarmare il Colle. Il capo dello Stato, con la sua denuncia del rischio affidabilita’ del Paese, fotografa in altre parole un panorama che alle cancellerie occidentali deve sembrare in parte inquietante ed in parte incomprensibile. Sullo sfondo aleggia l’ interrogativo di che cosa accadra’ dopo il governo tecnico.
Mario Monti spiega molto bene i termini della questione quando parla della democrazia impotente: in un mondo globalizzato, all’interno di un’Unione europea incamminata sulla via dell’integrazione politica, il rispetto delle regole e’ un confine che non puo’ essere oltrepassato, pena la cessione asimmetrica di sovranita’. Le regole sono state liberamente scelte, contravvenire comporta l’intervento dei ‘controllori’ economici. In questo quadro, il compito dei cittadini e’ percio’ quello di vigilare sulla trasparenza e sulla correttezza dei comportamenti dei propri rappresentanti. Si capisce che – se questa e’ la situazione – un uragano politico come il ‘Laziogate’ non puo’ essere derubricato a caso isolato (come pure ha tentato di fare per amore di partito Angelino Alfano). Soprattutto perche’ le indagini si allargano a macchia d’olio (adesso coinvolgono anche la Campania) e potrebbero prima o poi lambire altri gruppi politici come lasciano intendere le dichiarazioni rese alla magistratura da Franco Fiorito. ‘Er Batman’ e’ comprensibilmente il bersaglio designato degli avversari (Bersani ha detto di non voler correre il rischio di vedere personaggi di questo tipo votare alle primarie del centrosinistra) ma in realta’ dietro quanto emerso sembra esserci ben di piu’, l’esistenza di un sistema di potere locale le cui implicazioni ben difficilmente potevano essere ignorate dalle altre forze politiche.
Renata Polverini per ora ha rinunciato alle dimissioni. Dice di aver ottenuto quello che aveva chiesto, tagli drastici delle commissioni regionali (la meta’) e la cancellazione di quelle speciali: dunque una reale riduzione delle spese della politica. Il segretario Udc Lorenzo Cesa le riconosce di aver compiuto un passo apprezzabile. Ma resta il problema della gestione dei fondi da parte di Fiorito e la questione morale che coinvolge l’intero Pdl, tanto da indurre i parlamentari nazionali ad invocare una riunione degli organi dirigenti dedicata a questa ‘catastrofe’ (copyright Polverini). Sara’ interessante vedere se cio’ accadra’. E quali riflessi avra’ sulla componente degli ex An dove serpeggia l’insofferenza: secondo Ignazio La Russa c’e’ quasi la rassegnazione alla sconfitta elettorale mentre la destra non ha rinunciato a poter vincere la partita. Tradotto significa che la componente di La Russa e Gasparri non intende piu’ appoggiare le larghe intese.
Ma le preoccupazioni di Napolitano sono motivate anche da quanto sta accadendo con le primarie del Pd. Gli ex popolari di Beppe Fioroni accusano il segretario di fare il pesce in barile e di tacere furbescamente sulla stroncatura che Vendola ha fatto dell’accordo con Pierferdinando Casini, giudicato incompatibile con il centrosinistra. Secondo Fioroni si sta camminando verso un replay dell’Unione che portera’ alla sconfitta il Pd. Il governatore della Puglia e’ sbarcato a Vasto, dove l’Idv lo aveva invitato, ed ha rilanciato di fatto un fronte della sinistra Pd-Idv-Sel. Vendola apprezza la disponibilita’ di Di Pietro a fare un passo indietro se il Pd si dira’ disponibile ad un’alleanza e fa sapere che la coalizione ci sara’ se si abbraccera’ il programma di Hollande e non quello di Bruxelles. Ma di fatto si allinea al Di Pietro che si dice alternativo al montismo e al berlusconismo e che sovrappone le due ottiche politiche. E’ un’accelerazione a sinistra che crea molti problemi a Bersani: accettarla potrebbe significare la spaccatura con l’area interna dei moderati e con quella di Renzi, respingerla vorrebbe dire restare con in mano la sola carta delle larghe intese. Forse e’ proprio su questa frontiera che si giocheranno le primarie.
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