Meno due, meno uno, disastro. Annunciato. Dal primo luglio per gli italiani nel Regno Unito la situazione post-Brexit si farà seria: il passaporto sarà l’unico documento valido per le autorità britanniche. “Non ci saranno solo controlli alla frontiera, ma anche sul posto di lavoro o per gli affitti” avverte Luigi Reale, ex membro del Comites UK. “E ci sono connazionali che, non avendo il documento in regola, rischiano guai molto seri”. Colpa loro? Macché. I social sono roventi: è il consolato a Londra che è andato in tilt.
“Qualcuno svegli il console Marco Villani” implora ItaliachiamaItalia, il sito dei nostri expats. A cui Vanessa Fidanza denuncia: “Gli italiani sono totalmente abbandonati a se stessi”, e Francesco Visin: “L’unico modo per rifare un documento è tornare in Italia, perché è impossibile riuscire a prenotare un appuntamento”. Concetta Ragno, sul gruppo Facebook degli italiani a Londra, conferma: “Ho provato a prendere appuntamento al Consolato di Londra. Dopo più di un mese, ci ho rinunciato“.
Eppure si sapeva. La chiusura dei consolati di Manchester e di Bedford causa spending review, nel 2014, ha creato disservizi enormi a una comunità che ormai sfiora le 700 mila persone, di cui 430 mila iscritti all’AIRE di Londra. Da Massimo Ungaro, Pd, a Simone Billi, Lega, da Lucio Malan, Fi, a Mario Borghese, Maie, praticamente tutto l’arco costituzionale ha chiesto alla Farnesina di rimediare all’errore.
E infatti, nel 2019, col decreto Brexit il primo governo di Giuseppe Conte ha cercato di metterci qualche toppa, stanziando 3,5 milioni di euro per “acquisto e/o ristrutturazione” di immobili da adibire a uffici consolari nel Regno Unito (Manchester in primis), 750.000 euro per il 2019 e 1,5 milioni a partire dal 2020 per aumentare i dipendenti di ruolo, e altri 1,5 milioni l’anno per il potenziamento delle sedi coinvolte.
Dopo due anni, però, il consolato di Manchester è ancora missing. C’è un console regolarmente in servizio e stipendiato, ma non c’è una sede e non c’è personale. E Londra scoppia. I dipendenti (più o meno un centinaio tra impiegati e “digitatori”) sono stati travolti, prima e durante il Covid, da migliaia di richieste di passaporto.
E anche se il console sventola statistiche fantastiche (25.102 passaporti emessi nel 2020, l’11,3% dell’intera rete MAECI nel mondo), il circolo londinese di Fdi è impietoso: a Farringdon Street “nessuno risponde al telefono neppure nelle ore prestabilite, le pochissime disponibilità online spariscono dopo alcuni secondi. Alcuni parlano di almeno 200 tentativi e ore di attesa, con poi altre ore magari fuori dal Consolato”.
Insomma: Villani bocciato su tutta la linea? “Sembrerebbe esserci da parte del vertice del Consolato di Londra una mancanza di volontà e di impegno politico ad aprire il Consolato a Manchester; intanto i connazionali continuano ad usufruire di servizi consolari inefficienti” tuona in un’interrogazione Ricardo Merlo (MAIE), ex sottosegretario agli italiani all’estero, sparando più che sul ministro con cui ha lavorato, Luigi Di Maio, soprattutto sul sottosegretario Benedetto Della Vedova (+Europa, nella foto).
LEGGI IL TESTO DELL’INTERROGAZIONE MAIE Caos passaporti a Londra, il MAIE interroga Di Maio – Italia chiama Italia
Il quale a Londra è andato proprio un mese fa ed è stato fin troppo rassicurante: “Abbiamo posto il tema di cosa accadrà dopo il 30 giugno e auspichiamo che i britannici gestiscano la situazione con pragmatismo e flessibilità. Quella scadenza non va considerata definitiva in tutti i casi”. La figuraccia della Farnesina, invece, sì.