Luca Marola, fondatore dell’Italian Canapa Business School, è intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus: “Il fenomeno della cannabis light e della nuova filiera della canapa e delle sue trasformazioni è nata grazie alle legge 242, entrata in vigore nell’inverno 2016. Il vero boom c’è stato quando, nel maggio 2017 all’IndicaSativa Trade di Bologna, venne presentato il primo barattolo con i fiori di canapa, e così si iniziò a vendere la cannabis light. Easyjoint fu la prima azienda a lanciare il prodotto. E’ un fenomeno nuovo, che esiste da un anno e mezzo. Sono 2000 le nuove partite IVA agricole aperte nel 2018, che hanno come oggetto principale la coltivazione di canapa”.
Il vuoto normativo del mercato della cannabis light: “Il motore trainante, un po’ eccezionale, è la coltivazione della canapa per produrre fiore. Eccezionale perché la legge citata prima non prevede la coltivazione e commercializzazione del fiore. Quello del fiore rappresenta l’80% del mercato della coltivazione della canapa, ma non si basa su alcuna legge, possiamo quindi dire che ci sia un vuoto normativo. E’ paradossale che un fenomeno così dirompente sia nato e resista nonostante le incertezze. Sfortunatamente la politica non si è occupata di questa questione. La magistratura, invece, ha fatto il suo corso e il 31 maggio la Corte di Cassazione a sezioni unite deciderà sulla liceità o meno del mercato dell’infiorescenza di canapa. Se sarà favorevole a questo mercato, porrà i limiti o le regole di questa nuova economia”.
“A fine 2017, il giro di affari della cannabis light era di 50 mln annui. Uno studio dell’Università di York, ha dimostrato come il mercato del fiore di cannabis light, e quindi legale, mangi il 12% degli introiti del mercato nero. Sono tutti imprenditori giovani, che operando nel mercato della cannabis light, contrastano le mafie e il loro mercato nero. L’acquisto nei punti vendita di cannabis light non è normato. Non essendoci una normativa, possono anche capitare degli abusi. E’ probabile che non si sia voluto affrontare politicamente la questione”.
“La composizione di questo strano Governo rappresenta due forze politiche con visioni opposte sulla legalizzazione della cannabis. I 5 stelle sottoscrissero il testo di legge sulla cannabis legale. La Lega, invece, è un partito estremamente reazionario sulla cannabis. Quindi il Governo preferisce far finta che la questione non esista. Ad oggi sono state depositate circa sette sentenze delle sezioni della Cassazione che hanno tutte opinioni diverse ma che definiscono meglio questo mercato. Con la sentenza di maggio avremo un quadro normativo certo”.
Un codice di autodisciplina: “Da un anno le principali associazioni di categoria agricola hanno sottoscritto un codice di autodisciplina sulle migliori prassi per la coltivazione della canapa. Esiste un codice che le aziende agricole adottano per garantire la sicurezza dei consumatori. Inoltre, da qualche settimana è stato presentato alla Camera dei deputati il Consiglio nazionale canapa, il cui scopo è tutelare e difendere la canapa commercializzabile e ovviamente i consumatori. La qualità del prodotto è garantita da un bollino di certificazione. Non esiste un definizione del prodotto, ed ecco perché a partire con questo mercato sono stati i growshop, cioè i negozi che già vendevano prodotti derivati dalla cannabis. Sono negozi che fanno della propria attività una missione politica di normalizzazione per arrivare alla legalizzazione. Si può dire che si siano ‘accollati’ il rischio della commercializzazione di un prodotto che si pensava fosse impossibile da commercializzare. Ad ora non è possibile ottenere un codice a barre perché non è un prodotto del tutto commercializzabile”.