È di sei morti e otto feriti il bilancio della sparatoria avvenuta nella moschea di Quebec City, in Canada: l’attacco, a colpi di arma da fuoco, è scattato mentre erano presenti numerosi fedeli nel luogo di culto. La polizia canadese ha arrestato due sospetti: uno dei due killer “aveva un accento del Quebec e urlava Allah Akbar” è il racconto fornito da un testimone, secondo quanto riporta la tv canadese Cbc.
Di “un attacco terroristico contro i musulmani” parla il primo ministro canadese Justin Trudeau, che in un tweet scrive: “Stasera i canadesi piangono per le persone uccise in un attacco codardo in una moschea a Quebec City. I miei pensieri sono per le vittime e le loro famiglie”. Immediata la condanna della strage da parte di Al-Azhar, l’istituzione del Cairo massima espressione dell’Islam Sunnita, che esprime “la sua profonda inquietudine per questo doloroso attentato” e “mette in guardia dall’escalation di attentati contro i musulmani”.
In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, inviato al nunzio in Canada, monsignor Luigi Bonazzi, Papa Francesco esprime la “sua profonda vicinanza alle vittime e alle loro famiglie, e a tutte le persone che hanno contribuito ai soccorsi”, chiedendo al Signore “conforto e consolazione” e condannando “con fermezza la violenza che genera tanta sofferenza”.
Messaggi di solidarietà e condanna arrivano da tutto il mondo, dalla Francia – con la Torre Eiffel che sarà spenta in omaggio alle vittime – alla Russia, con il presidente russo Vladimir Putin che parla di una strage “sconcertante per la sua crudeltà e per il suo cinismo”.
Dall’Italia, il premier Paolo Gentiloni sottolinea che “il governo italiano è vicino alle vittime, ai familiari e alla comunità musulmana canadese oltre che al governo e al presidente Trudeau. E’ un modo anche per confermare il nostro atteggiamento di vicinanza e solidarietà alla stragrande maggioranza cittadini di fede islamica che vivono nei nostri Paesi e città e che rifiutano il terrorismo fondamentalista e anzi ne sono spesso vittime e bersagli”. “La violenza non è mai una risposta contro il terrorismo, la soluzione si chiama dialogo – sono le parole del presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani -. La Ue crede nel dialogo interreligioso. Abbiamo lavorato e continuiamo a lavorare in questa direzione”.
Discussione su questo articolo